16/01/2019 : Dagli 80 euro ai gialloverdi, i giovani sempre dimenticati
Non sono mai stato un fautore del cosiddetto “bonus 80 euro” introdotto dal governo Renzi nel 2014 e, successivamente, reso strutturale a partire dal successivo 2015.
Non sono mai stato un fautore del cosiddetto “bonus 80 euro” introdotto dal governo Renzi nel 2014 e, successivamente, reso strutturale a partire dal successivo 2015.
Con il maxiemendamento faticosamente concordato con l’Europa, su cui verrà posta in parlamento la consueta questione di fiducia, si avvia a chiudersi il tormentato iter di questa manovra di bilancio 2019.
Non credo sia utile, in questo momento, ascriversi aprioristicamente al partito di chi dice che è stata l’Europa a piegarsi, ovvero di chi dice che è stato invece il nostro governo a dover fare retromarcia.
Credo invece che, una volta di più, debbano parlare prima di tutto i numeri. Quelli sì, nessuno li può (o, quantomeno, li dovrebbe) mettere in discussione.
Nonostante Matteo Salvini abbia già preso le distanze e Luigi Di Maio annunci tavoli tecnici per migliorarne il testo, la nuova ecotassa sulle auto ritenute inquinanti, che dovrebbe scattare per tre anni dal prossimo 2019, è stata approvata in commissione bilancio.
La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sull’ICI, che la Chiesa cattolica dovrebbe restituire allo Stato italiano, è destinata a far discutere.
Il tanto discusso “condono” è diventato legge (DL 23 ottobre 2018, n.119) e, pur dovendosi attendere i 60 giorni per la sua definitiva conversione, il provvedimento entra immediatamente in vigore dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta il giorno stesso).
Proviamo a fare un primo punto su questa manovra di bilancio per quanto riguarda il 2019. Farlo sull’intero triennio 2019/20/21 è una fatica inutile in quanto troppe sono le incognite e le variabili legate ad un più lungo periodo perché questo ulteriore esercizio possa condurre oggi a risultati di una qualche significatività.
Nel momento in cui si avvicina il termine di presentazione della Nota Integrativa del Documento di Economia e Finanza (27 settembre) che conterrà i tratti essenziali della manovra di bilancio 2019, infuria il dibattito tra le due componenti dell’attuale governo in una sostanziale assenza, va detto, di significative voci critiche da parte dell’opposizione.
Le prime nevi cominciano ormai ad imbiancare i nostri paesaggi alpini e questo ci ricorda che è tempo di ripiegare definitivamente gli ombrelloni di un'estate di tante (troppe) parole per focalizzare l'attenzione sui temi concreti dell'agenda politica del nostro paese e sulle principali scadenze di carattere economico che, di qui a poco, il nostro esecutivo e la maggioranza che lo sostiene dovranno inevitabilmente affrontare.
Mentre abbiamo ancora nelle orecchie gli impegni assunti dal nuovo governo di riduzione significativa della pressione fiscale e di radicale semplificazione del sistema tributario, questo mese di giugno ci riporta bruscamente alla dura realtà.
Nel momento in cui la formazione del nuovo esecutivo giallo-verde sembra avviarsi a conclusione positiva è opportuno tornare su uno dei punti centrali e più discussi dell’accordo di governo: l’introduzione della cosiddetta “flat tax”.
E’ appena il caso di ricordare che per flat tax si intende una tassa appunto “piatta”, caratterizzata cioè da un’aliquota unica, costante, a prescindere dal livello di reddito cui viene applicata.