Una ricerca del CENSIS, risalente a tre anni fa (2012), documenta una consapevolezza ben radicata nel nostro Paese, condivisa dalla larga maggioranza dei suoi cittadini.
Emerge il bisogno diffuso di riscoprire la bellezza, di dargli voce, di raccontare di più l'altra faccia dell'Italia. Non solo per dare riconoscimento a tutte quelle persone che con la loro bella esistenza contribuiscono, spesso in silenzio, alle bellezze del mondo intero ma anche per ritrovare, come Paese, la direzione su cui muoversi per il futuro.
Perché la bellezza ed il bene si fortificano a vicenda.
Questo legame profondo tra estetica e etica è ben testimoniato dalla risposta del 70% degli intervistati che ritiene che vivere in un posto bello aiuti a diventare persone migliori. Ancor più interessante è la risposta sull'importanza del nostro patrimonio artistico. Infatti, meno di un terzo degli intervistati lo valuta in termini semplicemente utilitaristici (un potenziale business, un'attrazione turistica).
Per oltre i due terzi è invece ben di più. È la forza della nostra identità nazionale, un punto da cui ripartire per rilanciare il Paese. Quindi una molla per ritrovare orgoglio, voglia di fare, speranza e gusto della vita. Il modo migliore per lasciarci definitivamente la crisi alle nostre spalle. E se poi si indagano i motivi della speranza nazionale, la risposta pressoché totale degli intervistati è che questi risiedono nell'intelligenza dei nostri abitanti e nell'essere il Paese più bello del mondo.
Quindi la bellezza non è più solo una questione estetica, ma diviene portatrice di una forza rigeneratrice e di una valenza anche economica su cui è possibile credere ed investire.
L'economia del resto non si può ridurre solo a mercato, spread e Borse. O, peggio, ad interessi privati o evasione fiscale. L'economia è soprattutto lavoro che non dà solo da vivere, ma dà senso e direzione alla nostra vita. L'economia è un'imprenditoria alimentata da visioni grandi almeno quanto i profitti, animata dal rispetto e dalla necessità di valorizzare terre e territori.
L'economia vuol dire beni, ma anche bene. Merci, ma anche relazioni che fondano una comunità come rete di prossimità e di reciprocità. Perché non si vendono semplici prodotti. Si vende il modo in cui questi sono stati creati, le storie dei produttori, i valori del territorio da cui provengono.
E tutto questo assume particolare rilievo proprio oggi.
In un momento in cui si confrontano un capitalismo fatto di grandi imprese, banche e fondi d'investimento, orientato a cogliere le opportunità di profitto nel minor tempo possibile con il capitalismo familiare, vero asse portante del nostro sistema economico e civile, il cui interesse non è tanto quello di massimizzare i profitti quanto quello di durare nel tempo. Con sullo sfondo un terzo settore, fatto di organizzazioni senza scopo di lucro, un'economia cooperativa e sociale che soffre la crisi dell'inaridimento di quel retroterra etico che ne dovrebbe costituire il fondamento.
Ma oggi si va affermando anche un'altra economia.
Quella della condivisione, quella che cerca finanziamenti principalmente al di fuori dei circuiti tradizionali e sempre più spesso sulla rete. Un'economia ad alta intensità di giovani dove le priorità sono la sostenibilità ambientale, la dimensione estetica, il gusto della creatività collettiva, la gioia di veder rifiorire territori degradati. Un'economia anche colta, in cui a capo di un'azienda agricola oggi ci può essere una giovane donna, spesso laureata, magari che conosce diverse lingue ed ha fatto pure un master all'estero. E che lavora per offrire un prodotto che conservi il sapore del territorio che ha saputo valorizzare e conservare intatto per l'uso delle successive generazioni.
Questa è in sintesi la bellezza che ci può davvero salvare. Capace di entusiasmare le persone migliori nei periodi migliori della loro vita. Capace di trasformare questo entusiasmo in nuovi progetti di lavoro e di vita. Forse non è illusorio e inutile riaccendere questa tensione spirituale anche in chiave economica. Perché, come diceva un grande imprenditore, Adriano Olivetti, già nel 1945 davanti allo scenario di distruzione lasciatoci dalla guerra appena conclusa, i valori spirituali ci devono sempre condurre. Soprattutto nei momenti più difficili. Questi valori sono eterni. Seguendo questi, i beni materiali sorgeranno da sé senza che noi li ricerchiamo.
Per questo la proposta di riconoscere proprio la bellezza quale elemento costitutivo della nostra identità nazionale, aggiungendo un apposito comma all'articolo 1 della Costituzione (proposta di legge n. 2401/14), riveste oggi un significato simbolico di grande rilevanza per la ripartenza anche economica dell'Italia.
Un significato che tutte le menti prospettiche del nostro Paese non possono assolutamente trascurare.
Link utili
- CENSIS: RIPARTIRE DALLA BELLEZZA - 26 gennaio 2012
- CENSIS: LA RICCHEZZA DELLA BELLEZZA - Perché in Italia occorre ricominciare a produrre bellezza
- Riconoscere la Bellezza
Udine diventa la capitale della Bellezza in una tre giorni, dal 9 all’11 ottobre, che promette di coinvolgere la città intera in una ricca serie di appuntamenti e incontri dedicati al valore della Bellezza come elmento costitutivo dell’identità nazionale. 09/10/2015
Claudio Siciliotti
@csiciliotti
13/10/2015