Come è noto appena tre mesi fa il governo ha reso pubblica la nota di aggiornamento del def.
Il DEF non è altro che il Documento di Economia e Finanza che rappresenta l'elemento centrale della programmazione politica, economica e di bilancio del nostro Paese con previsioni poliennali che, in quest'ultimo caso, arrivano addirittura fino al 2017. Un documento che rappresenta anche il punto d'incontro tra la politica nazionale e le richieste dell'Europa. Un documento che individua la misura delle principali variabili macroeconomiche che il governo stima di poter realizzare, tramite la sua azione, stante una crescita presunta del PIL.
La capacità di previsione del PIL diviene quindi l'elemento centrale di questa programmazione e, non a caso, i più diffusi indicatori economici che misurano lo stato di salute di un Paese altro non sono che rapporti percentuali proprio rispetto al PIL (deficit/PIL, debito/PIL, lo stesso dato sulla pressione fiscale).
Anche quando si stabilisce il peso di una manovra finanziaria, questa viene definita in rapporto al PIL. Si parla infatti di una manovra da 1 punto di PIL quando questa ha la dimensione di circa 15/16 miliardi (PIL 2012: 1.567 miliardi).
Chiaramente prevedere il PIL del 2017 è un esercizio estremamente arduo. Si può infatti ipotizzare che possa restare in carica fino al 2017 quello stesso governo che ha formulato le previsioni nel 2013, così da poter portare avanti fino a quella data tutte quelle politiche che lo stesso aveva programmato? Si può contare sul fatto che questo continuerà a godere del supporto fino a quell'epoca della stessa maggioranza che lo sostiene ora? Certamente, in una situazione tradizionalmente instabile come quella italiana, fondare una previsione attendibile a così lungo termine è materia oggettivamente assai complessa.
Molto meno difficile dovrebbe risultare però la previsione dell'anno immediatamente successivo, cioè il 2014.
In questo caso la stabilità dell'attuale governo appare certamente più sicura e comunque, a così breve termine, gli effetti delle sue politiche dovrebbero in ogni caso mantenersi. Tutt'al più un'eventuale correzione delle previsioni dovrebbe emergere solo successivamente, nel corso di quell'anno, per effetto di specifici eventi oggi a priori non facilmente preventivabili.
A logica, dovrebbe essere così. E invece, almeno in Italia, così non è.
Sono bastati infatti solo tre mesi per far sì che la previsione di crescita del PIL 2014, stimata dal nostro governo a settembre in un ottimistico +1%, sia stata fatta a pezzi dai più accreditati istituti.
E non solo da quelli stranieri ma anche da quelli di casa nostra. Di più, addirittura da quelli statali. Sia l'Ocse che lo stesso Istituto nazionale di statistica, infatti, già a novembre, avevano rivisto al ribasso tali previsioni. Per l'Istat infatti la crescita 2014 non andrà oltre un +0,7% e per l'Ocse ancor meno (+0,6%).
Ora, a dicembre, si aggiungono anche le recenti previsioni dell'agenzia di rating internazionale Standard & Poor's.
In questo caso la previsione sulla crescita del PIL 2014 è ancora inferiore: +0,4%. Tripla B confermata, così come il cosiddetto outlook negativo. Al tempo stesso l'agenzia americana stima anche la crescita 2014 dei principali Paesi europei tra cui spicca la Germania con un (per noi) irraggiungibile +1,8%. Forse, invece di baloccarci ancora con il famoso spread sui bund tedeschi che resta (si fa per dire) basso (oggi circa 230 punti base), sarebbe ora di preoccuparsi di più del ben più allarmate divario di 140 punti base tra la crescita prevista per il nostro Paese e quella tedesca.
In ogni caso, se le previsioni dei più accreditati analisti fossero vere, ciò comporterebbe il peggioramento di tutti gli indicatori previsti dal DEF. Il che, in parole povere, vuol dire: più pressione fiscale, ancora più alto rapporto deficit/PIL (addirittura superiore alla soglia del 3%?), rapporto debito/PIL ancor più lontano dai parametri richiesti dall'Europa.
Quello che del resto, a ben vedere, nella storia del nostro Paese, si è sempre verificato.
Se ci si chiede infatti se, in passato, le previsioni fatte dai diversi governi che si sono succeduti in precedenza si siano rivelate fondate, la risposta è semplice: no.
Mai le previsioni sul PIL dell'anno successivo, fatte dai diversi governi in carica, sono risultate centrate. Sono state sempre stimate per eccesso. Mai il contrario. Verrebbe da chiedersi, chissà come mai.
Il DEF 2011 (governo Berlusconi) stimava il PIL dell'anno successivo 2012 in 1.642 miliardi (dato reale: 1.567); il DEF 2012 (governo Monti) stimava il PIL dell'anno successivo 2013 in 1.627 miliardi (dato reale: 1.557).
"L'Italia cambia verso", come recita uno slogan oggi di successo, vorrà forse dire che possiamo finalmente pensare di smettere, d'ora in avanti, di scrivere numeri così importanti invariabilmente sempre sulla sabbia?
Gli italiani anche questo si aspettano.
17/12/2013 Messaggero Veneto