Due notizie, che hanno occupato le cronache di questi giorni, ci danno evidenza del paradosso in cui versa ormai il tema del gettito fiscale e della misura in cui i cittadini debbono essere chiamati a farvi fronte per realizzare quel vincolo di solidarietà che sta alla base della convivenza civile di una qualsiasi collettività organizzata.
La prima notizia riguarda i cosiddetti Paradise Papers, ossia l’inchiesta realizzata da un consorzio internazionale di giornalismo investigativo che ha portato alla luce gli investimenti nei cosiddetti paradisi fiscali che hanno consentito alle elite mondiali (dalla regina Elisabetta a Apple, ma anche a molti cittadini italiani), attraverso strutture complesse e domiciliazioni offshore, di tagliare sensibilmente il loro contributo fiscale altrimenti dovuto.
A ciò aggiungasi la lentezza con la quale i ministri delle finanze dell’Unione Europea stanno da tempo tentando di negoziare l’istituzione di una web tax per far pagare finalmente ai colossi del digitale (ancora una volta Apple, tra questi) tasse proporzionali ai profitti che realizzano nel vecchio continente.
Si dirà che le grandi imprese internazionali creano occupazione ed investono a favore delle comunità in cui sono insediate.
Tutto vero.
Ma ciò non le esime dal rispettare quelle stesse regole che invece osserva chi non ha la medesima forza contrattuale.
E ai governi toccherà ricordarlo se non vogliono perdere ulteriore credibilità nei confronti dei loro rappresentati.
Specie se tutto questo si confronta – e questa è la seconda notizia di questi giorni – con gli esiti dell’interrogazione parlamentare che ha svelato un significativo errore di calcolo della Tari (la tassa sui rifiuti) da parte di diversi Comuni italiani che ha comportato per molte famiglie del nostro paese un costo fino al doppio di quanto effettivamente dovuto.
In questo caso i contribuenti si sono trovati una bolletta in cui, oltre alla quota fissa (legata ai metri quadri della casa), c’è una quota variabile (legata al numero degli abitanti della casa) moltiplicata per tante volte quanto sono le pertinenze (cantina e garage).
E non una volta sola, come invece la legge prevede. Ma non basta. Oltre il danno si profila per i malcapitati anche la beffa.
Secondo l’Anci, infatti, le maggiori somme versate per effetto dell’errato calcolo delle tariffe dovranno essere redistribuite tra tutti gli abitanti perché “il costo dello smaltimento va comunque coperto”. Insomma per molti cittadini, dopo aver pagato per anni tasse non dovute, c’è pure il rischio di doverle pagare due volte.
Due notizie, in sintesi, che, combinate fra di loro, non possono che far riflettere. Dove è finito il principio costituzionale della progressività dell’imposizione fiscale se chi ha di più finisce addirittura per pagare di meno e chi ha già pagato ad essere costretto a pagare di nuovo? Prima di pretendere uno spontaneo adempimento dell’obbligo fiscale bisognerebbe essere in grado di saperne sempre dimostrare la sua equità.
Per non dover concludere che si è capaci di essere intransigenti solo con chi non dispone di potere negoziale per poi essere invece acquiescenti con chi questo potere viceversa ce l’ha.
E forse a dismisura.
Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti
16/11/2017 Il Messaggero Veneto