“Quando gli scopi si immiseriscono, quando lo sguardo di un uomo politico è fisso sui sondaggi ormai quotidiani o al massimo sulla prossima scadenza elettorale, l’intero edificio della rappresentanza e della visione politiche vacilla, emergono individui che non riuscendo più ad essere autorevoli sono tentati di farsi autoritari, quasi tutto si riduce ad un’alternanza di impresentabili proteste di piazza e di irrealizzabili promesse elettorali”. Questa frase di Corrado Augias, tratta dal suo ultimo libro (“Breviario per un confuso presente”, Einaudi) descrive, con impietoso realismo, la situazione attuale della rappresentanza politica nazionale (e non solo).
Abbiamo più volte detto che una crisi di dimensioni globali, come quella che stiamo oggi vivendo, può anche rivelarsi un’occasione di opportunità. Forse irripetibili. La crisi è infatti il momento migliore per avviare un processo di profondo cambiamento e renderlo strutturale e funzionale non solo al periodo transitorio. Sono però tempi di opportunità solo per chi sa agire e reagire tempestivamente.
Credo si debba avere oggi piena consapevolezza di almeno tre cose: che non è vero che alla fine tutto tornerà come prima; che bisogna smettere di pensare che l’economia digitale si svilupperà nei prossimi anni (perché è ormai presente ed in costante crescita in tutti i settori) e che, soprattutto, è arrivato il momento di pianificare finalmente il futuro. Non ci possiamo più permettere di navigare a vista. Non ce lo permette l’Europa che è pronta ad aiutarci solo all’esito, come è giusto, di una corretta pianificazione degli obiettivi che vogliamo raggiungere, supportata da un credibile piano che autorizzi a ritenere che gli obiettivi stessi risultino realisticamente realizzabili.
A costo di risultare pedante, desidero ricordare che pianificare a lungo termine significa definire gli obiettivi strategici che si vuole conseguire e definire il piano operativo (con tanto di date e numeri) per raggiungere quegli obiettivi. Significa anche abituarsi a misurare i risultati e prevedere, quando si verifica un imprevisto, come ed in che modo poter correggere la rotta. Significa declinare delle priorità chiare e sapere che investire sul futuro significa anche, nell’immediato, dover richiedere dei sacrifici, piuttosto che poter riscuotere dei risultati.
Per tutto questo bisogna saper creare un clima di fiducia e di consenso diffuso nella comunità che si intende rappresentare. Un risultato che nessuna parte politica può oggi conseguire da sola (sia pure in coalizione). E’ il tempo, in altre parole, delle “larghe” intese e dei pensieri “lunghi”. Dove la “larghezza” non dev’essere il semplice espediente per approfittare di un’effimera situazione contingente e la “lunghezza” dev’essere la consapevole proiezione nel tempo degli effetti duraturi delle riforme pianificate.
Per questo ci vuole un accordo, stretto tra tutte le principali forze politiche. Di maggioranza e di opposizione, di destra e di sinistra. Che, nell’interesse esclusivo del Paese e delle sue giovani generazioni, in un momento di grande difficoltà, stringano un patto per realizzare quell’Italia moderna, ecologica ed inclusiva che non si risolva ad essere l’ennesima ed irrealizzata enunciazione di principi. Se il Recovery Plan europeo si chiama in realtà “Next Generation EU”, chiamiamolo allora “Nuova generazione Italia”. Daremo così, sin dal titolo, la sensazione di voler effettivamente pianificare il futuro e (una volta tanto) di volerci occupare davvero anche delle nuove generazioni.
Il metodo, in sintesi, è in questa fase assai più importante degli obiettivi. Coinvolge tutti. I rappresentanti, ma anche noi rappresentati. Perché chi accetta le peggiori derive del presente non soltanto non fa nulla perché il nostro futuro possa risultare migliore ma, di fatto, sta operando perché questo sia pessimo con la sola scusa di ritenerlo immodificabile.
Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti
08/07/2020 Il Messaggero Veneto