Chiara Mio
Professore Ordinario Ca'Foscari Venezia
Dottore Commercialista
Il mio approccio e la mia impostazione nei confronti dell’attività accademica e professionale sono sempre stati contraddistinti da un’attenzione ed una prospettiva proiettata verso il cambiamento: mi è sempre piaciuto cercare di catturare e leggere i segnali del cambiamento in anticipo rispetto ai tempi, rischiando e mettendomi in gioco.
Questo mi ha portato, nel mio percorso, a scegliere di dedicarmi nelle diverse fasi a tematiche nuove, intercettando opportunità che al momento potevano apparire ancora sfumate e latenti, contraddistinte da incertezza riguardo alla loro portata, ma che in seguito si sono rivelati cambiamenti pervasivi e strutturali, che hanno modificato anche profondamente il modo di vivere di persone, comunità, organizzazioni pubbliche e private. I segnali di cambiamento sono polisemantici, si possono cogliere su diversi piani e rispetto a diversi attori, pur conducendo solitamente a percorsi comuni, a sensibilità condivise, seppur con modalità espressive diverse.
Il mio approccio all’economia, quindi, è sempre stato attento ai vari livelli: dalle imprese, sovente anticipatrici di comportamenti che poi si sono estesi su un piano individuale, alle altre organizzazioni, caratterizzate da finalità diverse, non focalizzate prioritariamente sulla dimensione dell’economicità, per esempio nell’ambito della sanità e della cultura; oppure nella dimensione privata, nell’ambito della pubbblica amministrazione, attore centrale nella definizione di politiche a livello di sistema socio-economico, figura chiave nella gestione del “bene comune”.
Oltre all’attenzione alle organizzazioni, nel mio percorso non ho mai trascurato i fenomeni relativi alla comunità e alla persona, consapevole che anche da questi possono emergere input e sollecitazioni meritevoli di impegno ed approfondimento, in una prospettiva integrata, che ha sempre mantenuto sullo sfondo la dimensione dell’economia aziendale, la mia prima area di interesse accademica e professionale.
Negli anni ottanta, per esempio, in un contesto di economia in crescita, il focus si concentrava sulle variabili quali l’efficienza, la spinta all’incremento della produttività. La mia scelta allora è stata quella di concentrarmi su organizzazioni quali gli studi professionali, a cui ero vicina anche per l’ottenuta abilitazione alla professione di dottore commercialista.
Ho iniziato ad affrontare ed occuparmi di temi di controllo di gestione in queste realtà, sviluppando approcci specifici per contesti in cui, per varie motivazioni, i ragionamenti in termini prospettici erano ancora piuttosto lontani e in molti casi non se ne comprendeva la rilevanza. Ho intuito l’importanza in queste realtà di definire la strategia, di stabilire obiettivi, di implementare misurazioni, rimodulando il baricentro degli strumenti di monitoraggio, da un’esclusività pressochè totale su aspetti legati all’efficienza ed al controllo dei costi. Pur non negando l’importanza di questi elementi, sovente comunque apprezzati in termini complessivi, ho introdotto ragionamenti sulle aree strategiche di affari, in termini di redditività e non solo, riflessioni da proiettare in un’ottica strategica. Ho focalizzato l’attenzione sull’importanza di dare ordine e valore al tempo, non solo quello fatturabile ma anche al tempo dedicato alla formazione e alla relazione. In sostanza pensavo allo studio professionale come ad un’azienda dove il “genio” e l’intuito del professionista vanno canalizzati e capitalizzati.
Su questi temi ho conosciuto Claudio Siciliotti, lavorando insieme per la redazione di una linea guida per l’applicazione delle norme Iso 9000 negli studi professionali. Entrambi volevano rendere possibile su ampia scala l’implementazione di sistemi di gestione della qualità negli studi professionali, l’affrontare aspetti organizzativi e processuali in contesti in cui, in nome dell’immaterialtà del servizio e del contenuto di professionalità della prestazione, si riteneva una sovrastruttura inutile – e costosa - un sistema di procedure. Sistema di gestione della qualità che ho inteso come occasione per definire strategia e obiettivi, integrandosi sinergicamente con il sistema di controllo di gestione.
In una fase di vita seguente, ho rivolto la mia attenzione ai temi ambientali e sociali, un momento che è coinciso con un cambio di mentalità a livello complessivo, la cui portata si rivelerà poi ampia e pervasiva, a livello globale. Nel 1987 con il Rapporto Brundtland, Our common future, si afferma il concetto di sviluppo sostenibile, nella sua definizione che ancora oggi resta la più conosciuta: lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.
I tempi erano forse ancora prematuri per un’affermazione diffusa di questi temi, per un’attenzione stringente, ai diversi livelli, sebbene, ancora una volta, a mio avviso, i segnali del cambiamento fossero inequivocabili, come la consapevolezza che il pianeta aveva imboccato un percorso tale da comprometterne la stessa sopravvivenza, in assenza di un’azione condivisa da parte di tutti gli attori, in linea con i principi della sostenibilità. Vent’anni fa dal mio punto di vista già in modo nitido iniziava a farsi strada la consapevolezza che tutti i soggetti, comprese quindi le aziende, agiscono in un contesto in cui le ripercussioni ambientali e sociali delle azioni non potevano essere ignorate.
Da qui il mio impegno scientifico e professionale ha iniziato a concentrarsi in modo sostanziale sui temi della sostenibilità, in particolare la dimensione ambientale e la dimensione sociale quali dimensioni strategiche dell’agire delle aziende, anche per le realtà vocazionalmente orientate al profitto. Si è trattato di affermare nel mondo aziendalistico concetti che comunque del tutto nuovi non erano affatto in dottrina, se si pensa che già Gino Zappa negli anni ’50 del secolo scorso aveva riconosciuto la dimensione di socialità dell’azienda.
Il mio sguardo allora si apre, acquisendo un senso più grande, ed una dimensione di sfida più profonda. Si trattava di far percepire e diffondere nuovi concetti che avrebbero con il tempo ridefinito i paradigmi aziendali e non solo: da una prima fase di attenzione e sensibilizzazione, l’inizio del percorso, ad una reazione, in risposta a sollecitazioni sempre più incisive degli stakeholder, che il mondo aziendale non poteva più ignorare. Fino all’affermazione di approcci proattivamente orientati verso la sostenibilità, che viene quindi interiorizzata a livello strategico e pervade tutte le azioni aziendali: un concetto di sostenibilità non in termini di mere dichiarazioni di intenti, ma un impegno che si traduce concretamente in obiettivi, di breve e medio lungo termine, con un intervento centrale sui sistemi di misurazione, sul set di indicatori, per catturare e rappresentare gli impatti ambientali e sociali, oltre a quelli economici, confrontandoli con gli obiettivi e i fini identificati dall’impresa, in un percorso sfidante che si apre nel coinvolgimento degli stakeholder.
Da qui la consapevolezza della necessità di un’azione condivisa da parte di tutti, riconoscendo il ruolo dei vari soggetti che agiscono nel contesto. E ancora una volta con Claudio e con gli altri componenti dello studio professionale Siciliotti ho potuto condividere queste mie proposte e trasformarle in modelli e proposte per la creazione del valore delle imprese.
Dopo il mondo delle imprese e dei professionisti, oggi per me la nuova sfida è nel mondo bancario, la cui centralità nelle dinamiche globali è indiscussa. Mi ero avvicinata professionalmente in passato a questa realtà, ma questo nuovo ruolo di presidente di banca mi ha fatto conoscere dall’interno logiche e prospettive che prima si potevano solo percepire.
Oggi in questa posizione vedo nuovi scenari in questa industry, anch’essa connotata da situazioni di trasformazione profonda, su vari piani. Da più di qualche anno un’apertura verso i temi della sostenibilità, non solo sul versante interno, ma anche nell’impostazione delle relazioni con i clienti ed in generale con tutti gli interlocutori. I concetti di responsabilità sociale, divenuti così importanti per il mondo delle imprese e la collettività, hanno acquisito rilevanza anche nelle scelte del mondo bancario.
Dapprima iniziative occasionali, non inquadrate in un contesto complessivamente orientato in questo senso, ma sovente rivolte all’acquisizione di consenso presso gli interlocutori, magari per porre rimedio ad impatti negativi generati con un orientamento esclusivo agli aspetti finanziari. Oggi sempre più diffusamente nel mondo bancario questi concetti trovano spazio, assurgendo a dimensione strategica di istituzioni tradizionalmente focalizzate sulla variabile finanziaria, i cui impatti sociali sono comunque sempre stati pervasivi ed innegabili. L’affermarsi, quindi, di strumenti di finanza a servizio di progetti di impresa selezionati e valutati in base a criteri di sostenibilità, per supportare iniziative realmente responsabili e ponderate, in un ampliamento del concetto di rischio, che non è riferibile alla sola dimensione finanziaria, posto che sempre più spesso impatti sociali e ambientali non presidiati si ripercuotono sulla sopravvivenza stessa dell’impresa.
Accanto a questo, l’attenzione sugli aspetti e le sfide della tecnologia. Il mondo bancario ha subito profondi cambiamenti con le innovazioni tecnologiche, nuove modalità di lavoro, di gestione delle relazioni con i clienti, un nuovo ruolo dei clienti stessi nell’interazione con la banca. La banca multicanale è oggi sempre più utilizzata, milioni di utenti sfruttano le possibilità offerte dalla tecnologia, ad esempio mobile banking, o prodotti on line. La tecnologia disintermedia, dematerializza, offre la possibilità di effettuare operazioni bancarie senza doversi recare allo sportello: accanto all’impatto economico associato al risparmio di tali soluzioni, va considerato l’impatto sociologico e sociale. Infatti, l’accessibilità viene amplificata e non ci sono più barriere spazio-temporali.
Molto interessante diventa però la comprensione di come, nell’economia dei servizi, si inserisce la relazione azienda – cliente (ma lo stesso vale per il professionista col cliente) utilizzando le nuove tecnologie surrogando la presenza fisica. Vanno, inoltre, considerate le ripercussioni in termini di miglioramento dei servizi, in particolare nell’assistenza ai clienti, ad impatti più ampi, come la creazione di community, l’attivazione di processi di engagement, per coinvolgere gli utenti anche nelle fasi di innovazione, non solo di prodotti nuovi, ma più profondamente nella propria ragion d’essere e nella propria visione.
I concetti di sostenibilità e responsabilità sociale che continuano a connotare il mio impegno in questo nuovo ruolo e si vestono di nuove sfumature: servono studi filosofici, serve una contaminazione culturale che ci aiuti a considerare il senso della tecnologia al servizio della persona.
Rivedendo tutto il mio percorso accademico e professionale fino ad oggi, posso cogliere con soddisfazione un elemento comune, che si legge tra le righe di questo contributo: il leit motiv che emerge è la centralità delle persone, sempre, nella prospettiva degli studi professionali, delle imprese, ora della banca, persone delle generazioni presenti e di quelle future. E tutte le volte che mi sono trovata a ragionare di scenari futuri, ho potuto confrontarmi con Claudio e trarre dalle nostre chiacchierate nuovi spunti.
"Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri."
Chiara Mio