Niente flat tax senza taglio della spesa

Si avvicina una fin troppo lunga stagione elettorale ed è impensabile che, in questo contesto, non si accenda anche il dibattito sul tema fiscale. Tutti faranno a gara nel promettere soluzioni ritenute infallibili per ridurre la pressione fiscale e per semplificare una volta per tutte il nostro sistema tributario.

In questo contesto - c’è da giurarlo - una proposta che animerà non poco il dibattito politico è quella relativa all’introduzione della cosiddetta “flat tax”. In buona sostanza, una tassazione dei redditi in misura proporzionale (e non più progressiva, come attualmente) ad aliquota fissa. Dal 15% al 27%, secondo le diverse proposte finora messe in campo. Una proposta del genere, diciamolo subito, non può ritenersi incostituzionale. L’art. 53 della nostra Costituzione non richiede imposte ad aliquote progressive, ma solo che il sistema sia ispirato a “criteri” di progressività. Non vi è pertanto ragione per ritenere che un identico risultato non possa essere ottenuto associando alla flat tax un meccanismo graduato di deduzioni per ciascun componente del nucleo familiare, differenziato per fasce di reddito. Magari anche prevedendo una sorta di imposta negativa, cioè un sussidio per i redditi inferiori al minimo.

In questo modo la progressività verrebbe addirittura esaltata rispetto ad oggi, atteso che nel sistema attuale la progressività delle aliquote è notevolmente attenuata dalla marea di eccezioni (se ne contano più di 400). Non dimenticando neppure che oggi la progressività finisce in realtà per colpire solo i redditi di lavoro e pensione, mentre i redditi finanziari ed immobiliari sono da tempo assoggettati ad imposte sostitutive assolutamente proporzionali. Diminuirebbe poi il peso dell’evasione e risulterebbero disincentivate tutte quelle pratiche che inducono ad intestazioni fittizie proprio al fine di evitare la progressività dell’aliquota personale.

Tutto bene quindi? Non esattamente. Non può infatti non considerarsi che la flat tax, pur andando nella giusta direzione di ridurre l’onere della tassazione e di semplificare il sistema, produrrebbe una riduzione di entrate per lo Stato di entità tutt’altro che marginale. Infatti, facendo riferimento all’unico caso di rilievo esistente a livello mondiale (quello della Russia che ha introdotto nel 2001 una flat tax al 13%!) e pur considerando una percentuale di recupero dell’evasione pari a quella realizzata in quel paese grazie alla riforma, autorevoli studi (la voce.info) ci ricordano che da noi una proposta del genere è ben lontana dal potersi autofinanziare. E c’è da ritenere che di nuovo debito pubblico non se ne avverta davvero il bisogno.

E allora? Diciamolo con chiarezza: niente flat tax se al tempo stesso non si avrà il coraggio di incidere anche sul nodo della spesa pubblica. Se non verrà affrontato seriamente anche questo aspetto, una proposta del genere, pur giusta, ha scarse possibilità di vedersi realizzata. Se non a prezzo di tali e tante modifiche che finirebbero per snaturarla, conservandone a quel punto solo il nome.

 

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

09/09/2017 Il Messaggero Veneto