L'alfabeto della ripresa

Gli economisti sono soliti attingere all’alfabeto per definire, con una sola lettera, le diverse vie d’uscita da una profonda crisi che ha determinato la brusca e significativa riduzione della produzione e dello sviluppo di una nazione, di un continente o addirittura del mondo intero.

Dal momento in cui è apparsa e si è diffusa la pandemia da Covid-19 tutte le curve economiche hanno in pratica seguito la stessa tendenza. Un crollo indifferenziato di tutti gli indicatori. Gli effetti del virus si sono infatti abbattuti sull’economia mondiale con tutta la loro forza e la crisi che si è determinata appare destinata a durare ancora a lungo. In questo contesto, l’auspicata successiva ripresa fatica ancora a delinearsi e potrebbe comunque assumere forme diverse. In ogni caso, sicuramente non uguali per tutti.

La domanda è allora che forma assumerà la ripresa. E anche se questa ripresa ci sarà effettivamente. Tutto questo con particolare riferimento alla già disastrata economia del nostro Paese. Lo scenario più ottimistico è senz’altro quello che viene comunemente sintetizzato dalla lettera “V”. Crollo del Pil ma altrettanto veloce ripresa. In un primo tempo si è effettivamente pensato che vi potesse essere un danno limitato all’economia con una veloce ripresa dei consumi, anche alimentata dai risparmi accumulati durante il periodo di forzato lockdown. Un primo intervento di sostegno governativo, ricordiamocelo, prevedeva infatti una manovra straordinaria di soli 3 (!) miliardi. Un’illusione durata ben poco. Credo che nessuno pensi oggi che questo scenario possa dirsi realistico.

Attualmente i più ottimisti, anche all’esito della seconda ondata della pandemia, parlano di ripresa a forma di “W”. Una sorta di montagna russa. Una vertiginosa discesa, una prima risalita (confortata dai dati del Pil del terzo trimestre), una nuova ricaduta (determinata appunto dalle restrizioni in seguito alla seconda ondata), prima di riprendere finalmente il percorso di crescita. Neppure questa rappresentazione può dirsi convincente. Se non altro per un’Italia la cui crescita era già piatta prima della pandemia e pertanto parlare di ripresa di una crescita che già in precedenza non c’era, appare decisamente illusorio.

Al massimo si può sperare in una ripresa a forma di “U”. Causa i ripetuti blocchi delle attività produttive la crescita resta a lungo sul fondo della curva, prima di recuperare e lentamente risalire. La forte iniezione di liquidità derivante dai fondi europei, la capacità di saperli incanalare a supporto di un Progetto Paese realmente riformatore, espansivo e condiviso, autorizzerebbero a credere che un tale epilogo sia realmente alla nostra portata.

Tuttavia l’indecisione nelle scelte (MES si, MES no), la ricerca esasperata del consenso immediato (bonus a pioggia), il temporeggiamento imperdonabile (un’estate sprecata) fanno temere la possibilità di uno scenario ben peggiore. Quello contraddistinto dalla lettera “L”. Dopo un forte calo, una lunga fase di recessione. Molti fallimenti aziendali ed un numero impressionante di disoccupati.

Ma c’è una variante in più. Quella che la ripresa assuma la forma della lettera “K”. Alcuni risalgono molto, altri invece continuano inesorabilmente a calare. Da un lato, tanto per citare alcune attività, i canali di vendita online, l’intrattenimento via streaming e tv, le piattaforme digitali che permettono lo smart working. Dall’altro, la ristorazione, gli alberghi, il turismo, i cinema e i teatri. Pensando alle caratteristiche dell’Italia, non è difficile concludere che da questa divaricazione non siamo destinati a trarre di certo vantaggio. E non si sa se questo scenario non sia addirittura peggiore del precedente per la tenuta sociale di un Paese.

La ripresa non è comunque un gioco di lettere dell’alfabeto. E’ un obiettivo doveroso che può essere raggiunto solo con provvedimenti, anche dolorosi, ma che sappiano restituire la fiducia e sacrificare l’oggi se questo è necessario per garantirsi il domani. Chi si propone a rappresentarci dovrebbe averlo sempre ben presente.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

19/11/2020 Il Messaggero Veneto