Tasse sulla casa: una situazione da rivedere

L’Italia è un Paese che, da sempre, ha posto la “casa di proprietà” come obiettivo da raggiungere per ogni nostra famiglia. Secondo l’ISTAT, infatti, ben l’80% degli italiani vive in una casa di proprietà.

Questo, non dimentichiamolo, ha comportato una cementificazione incontrollata del nostro territorio ed una mancata prevenzione degli eventi naturali con le drammatiche conseguenze che crea, ancora oggi, una pioggia particolarmente abbondante ed insistente. Oltre a ciò ha determinato la destinazione di enormi risorse alla crescita del settore edile, a discapito di quello industriale. La crisi economica ha poi pesantemente colpito il nostro settore immobiliare, determinando un vero e proprio crollo delle compravendite. Ma, oltre alla crisi, pesano senz’altro anche ulteriori fattori tanto da poter dire che, oggigiorno, una casa di proprietà rischia di costare in tasse e manutenzioni più di quanto l’utilizzo della stessa casa possa costare in termini di canone d’affitto. In altre parole, oggi conviene di più essere affittuari che proprietari. A ciò aggiungasi la perdita di valore dell’investimento immobilizzato e la sua crescente difficoltà a renderlo liquido.

Tutto questo non va sottovalutato.

Il valore del proprio patrimonio è una delle chiavi determinanti della propensione al consumo e all’indebitamento. Se, in questi anni, gli italiani sono diventati prudentissimi nelle loro decisioni di spesa, con effetti disastrosi sulla domanda interna, è anche perché non hanno più sentito, su di sé, l’ala protettrice dei loro patrimoni familiari, piccoli e grandi, spesso frutto del lavoro di diverse generazioni.

Per tutte queste ragioni il tema delle tasse sulla casa (IMU) è sicuramente un argomento da maneggiare con cura e qualche riflessione merita ancora di essere fatta.

Va nuovamente considerato che l’imposta sugli immobili si adatta perfettamente a finanziare le amministrazioni locali. Gli immobili, per definizione, lì sono e lì restano. E questo garantisce una base stabile di finanziamento per i Comuni. Aver abolito l’imposta sulla prima casa ha sicuramente creato un vuoto nelle casse comunali, mettendo in difficoltà sia la programmazione che l’autonomia degli enti locali.

D’altronde se è certamente vero che le imposte sugli immobili esistono praticamente in tutto il mondo, non è altrettanto vero che altrove esista un’imposizione così alta sul trasferimento degli immobili. Abbiamo ricordato che, dall’inizio della crisi, il numero delle compravendite si è sensibilmente ridotto. Forse ci si potrebbe chiedere se non sarebbe stato assai meglio ridurre le tasse sui trasferimenti per rinvigorire il mercato immobiliare piuttosto che abolire, solo per alcuni, la tassa sulla proprietà. Oltretutto il gettito delle imposte sui trasferimenti è erariale, per cui avrebbe lasciato ai Comuni la loro disponibilità ed autonomia senza attivare inutili e complessi (e, talvolta, anche inesistenti) trasferimenti compensativi.

Probabilmente, in questo caso, il minor gettito sarebbe risultato compensato dal prevedibile aumento delle compravendite e si sarebbe andati incontro alle esigenze delle principali vittime della crisi, i nostri giovani, che avrebbero avuto maggiori prospettive di acquistarsi una casa rispetto all’abolizione dell’IMU di cui non hanno tratto alcun significativo beneficio.

Non sarebbe allora sbagliato se, proprio alla vigilia del pagamento dell’IMU, un dibattito complessivo su questi temi si potesse riaprire.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

10/12/2019 Il Messaggero Veneto