Tagliare le tasse sarebbe il pane, ma...

Crescita zero, o giù di lì.

Sono queste le previsioni del Centro Studi di Confindustria per il 2019. Non diverse, peraltro, rispetto a quelle dei più accreditati analisti economici nazionali ed internazionali.

Un dato assai lontano dalle previsioni ottimistiche del governo (+1,5% nella prima stesura della legge di bilancio bocciata dall’Europa, successivamente ridotto ad un +1,0% in quella poi approvata in via definitiva dal Parlamento).

Consumi e investimenti fermi, il divario con gli altri paesi dell’Eurozona che torna ad allargarsi (l’Italia resta infatti l’unico paese insieme alla Grecia ad avere un livello di Pil inferiore a quello pre-crisi), il tasso di disoccupazione in salita, marginali effetti attesi dalle nuove misure come il reddito di cittadinanza e la cosiddetta “quota 100”.

In quest’ultimo caso, ad annullare gli effetti delle misure chiave della manovra di bilancio del governo gialloverde bastano l’aumento dello spread di circa 100 punti base, come conseguenza dell’aumento del premio al rischio che gli investitori chiedono per detenere titoli pubblici italiani ed il progressivo crollo della fiducia di imprese e famiglie che fatalmente viene ad incidere sulle rispettive decisioni di spesa.

Come se non bastasse, incombe sempre la necessità di reperire, a prescindere, la bellezza di 23 miliardi per scongiurare nel 2020 l’aumento delle aliquote Iva, ordinaria e ridotta, di circa tre punti. La scelta al riguardo non sarà facile: aumentare effettivamente l’Iva come previsto dalle clausole ovvero far salire ancora il deficit pubblico.

La prima scelta equivale a far salire i prezzi di beni e servizi, quindi minore potere di acquisto dei salari e di conseguenza minori consumi, ovvero minori margini per le imprese e quindi minori investimenti e assunzioni.

In entrambi i casi, minor Pil.

Il tutto con effetti evidenti proprio sul rapporto deficit/Pil che infatti Confindustria stima per il 2019 al 2,6%, ben al di sopra del target concordato con l’Europa al 2%.
Servirebbe come il pane quel taglio delle tasse che invece non si può fare avendo ipotecato, in anticipo, tutte le risorse disponibili.

Diciamolo altrimenti: l’ultima manovra non solo non ha abbassato significativamente il peso delle tasse ma, ancor peggio, ha impedito di creare i presupposti per poterlo davvero fare anche in futuro. Chiunque si trovi a governare.

In questo scenario, entro il prossimo 10 aprile, sarà presentato il nuovo Documento di Economia e Finanza (DEF) sotto gli occhi vigili e non certo benevoli dell’Europa.

Non mancheranno, c’è da giurarci, gli impegni solenni alla sterilizzazione delle clausole Iva, ad una più incisiva spending review, alle misure per il rilancio dell’economia. La scadenza elettorale è d’altronde alle porte.

Ma qualsiasi persona di buon senso in questo paese sa che il 2019 non sarà né un anno bellissimo né quello del boom economico.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

01/04/2019 Il Messaggero Veneto