Saviano e i Commercialisti

Intervistato da Fabio Fazio nel corso della trasmissione “Che tempo che fa” su come la criminalità organizzata riesca sempre a trovare “nuovi clienti” (cioè nuove vittime da sottoporre a usura), lo scrittore Roberto Saviano ha risposto che i criminali “seguono il percorso dei soldi. Quando un’azienda inizia ad andare in crisi, loro avvicinano i commercialisti e il commercialista, una persona di cui ti fidi, spesso dice che c’è quella società o quella persona che è interessata … e quando non è quella la strada, perché hai la fortuna di avere dei professionisti seri, ci sono moltissime altre strade, le banche, il consulente …”.L’espressione utilizzata da Saviano, sia pure poi in parte limitata, è comunque senz’altro infelice in quanto lascia trasparire che sia addirittura un’intera categoria - e non, eventualmente, episodiche e marginali individualità - a fornire stabilmente un supporto al malaffare ed all’infiltrazione mafiosa. Comprensibile quindi e del tutto giustificata la risentita reazione dei vertici della categoria e di molti commercialisti su un’accusa assai poco circostanziata e del tutto priva dei necessari distinguo.

In ogni caso, non credo sia il tempo di limitarsi ad accuse reciproche, quanto piuttosto il momento di affrontare il tema fino in fondo, con obiettività e senza infingimenti. E anche senza i pregiudizi che troppo spesso condizionano i giudizi sulle affermazioni di Roberto Saviano.

Il punto da affrontare, a mio giudizio, è quello della competenza tecnica e del ruolo che questa può giocare in una società articolata ed interconnessa quale quella attuale. In cui non è affatto vero che “uno vale uno” - e questa pandemia ce lo dimostra quotidianamente - ed in cui lo studio e l’elevata preparazione individuale sono gli unici mezzi per approdare a soluzioni utili di fronte ai temi complessi con cui ci troviamo quotidianamente a fare i conti.

Da questo punto di vista i commercialisti italiani (chi scrive ne fa parte da oltre quarant’anni) svolgono oggi un ruolo fondamentale. Un ruolo di anello di congiunzione tra mondo produttivo e istituzioni. Due componenti che, specie sul versante fiscale, non dialogano mai direttamente ma sempre per il tramite di un intermediario. Il commercialista, appunto. Il quale peraltro, nel tempo, a proprie spese e senza alcun riconoscimento pubblico, ha garantito anche quel salto tecnologico e quella progressiva digitalizzazione del rapporto tributario che spesso la nostra amministrazione finanziaria vanta senza riconoscerne il merito. Non può non chiedersi come avrebbero affrontato oggi i riflessi fiscali del Covid-19 i contribuenti italiani, di fronte ad un profluvio di decreti incomprensibili ai più, senza l’ausilio dei commercialisti? Ma i commercialisti non sono solo questo. Sono anche quelli che, tanto per dirne alcune, danno esecuzione alle procedure fallimentari nell’interesse della collettività o che sono chiamati a gestire i patrimoni sequestrati proprio alla criminalità organizzata. In entrambi i casi, a rischio concreto dell’incolumità personale e della propria vita, come purtroppo è accaduto nel recente passato. Tanto da poter affermare che non è azzardato dire che i commercialisti sono oggi per l’economia quello che i medici rappresentano per la sanità. E che avere dei “professionisti seri” non è affatto una questione di “fortuna”, bensì una delle basi che ha consentito a questo Paese di crescere e di svilupparsi proprio nella legalità e nel rispetto delle regole. Tutto questo non può essere dimenticato e sporcato da accuse generalizzate. Tuttavia, con la stessa franchezza, dobbiamo però anche riconoscere che la competenza tecnica e la fiducia che da questa deriva può essere utilizzata, in taluni casi, anche per fini non commendevoli. Per affiancare attività che non sortirebbero gli effetti illegittimi che si propongono se non fossero supportate da una competenza tecnica particolarmente raffinata. Tali casi esistono, inutile negarlo, e riguardano ogni settore. Anche la pubblica amministrazione. Ma ciò non può essere motivo per inutili generalizzazioni che finiscono per non cogliere il bersaglio che vorrebbero colpire.

Va ricordato che i commercialisti italiani si sono resi promotori di norme che hanno riformato le funzioni disciplinari che esercitano gli Ordini nei confronti dei loro iscritti. Funzioni che non sono più affidate, come un tempo, a coloro che svolgono le attività di rappresentanza e che, soprattutto, prevedono la possibilità che gli organi disciplinari si avvalgano per i loro giudizi anche di soggetti terzi non iscritti alla categoria.

Ai commercialisti è giusto che questo Paese chieda sempre più impegno per garantire qualità e correttezza delle loro prestazioni, oltre a severità nella repressione di eventuali comportamenti illeciti dei loro iscritti. Del resto questo è il secolo, come dicono gli americani, dove “average is over”, il medio non esiste più.

Al tempo stesso però, questo Paese deve saper fare qualcosa per i commercialisti e per professionisti in generale. In primo luogo, riconoscere il valore fondante dell’impegno intellettuale per lo sviluppo di qualsiasi società che miri a progredire. E non dimenticarsene inspiegabilmente alla prima occasione, quando, tanto per dirne una, si tratta di erogare i contributi a fondo perduto previsti dal recente Decreto Rilancio per tutti gli altri lavoratori autonomi.

I commercialisti devono sapere, in sostanza, che questa società non potrà garantire loro alcuna protezione sulla strada della difesa corporativa di prerogative che il mercato non può riconoscere. E, ovviamente, neppure nel caso in cui si rendano protagonisti di comportamenti opachi, prima ancora che illegittimi. Ma altrettanto devono sapere che, in questo contesto, il talento ed il merito, specie se faticosamente coltivati e conseguiti, come pure la correttezza, specie quando questa può costare un incarico o un riconoscimento economico, saranno sempre riconosciuti, valorizzati e tutelati. Altrimenti non c’è equilibrio.

Ne vogliamo discutere una volta tanto serenamente e obiettivamente, signor Saviano? Vogliamo fare un miglior servizio alla collettività ascoltando una volta tanto anche la voce dei commercialisti, signor Fazio?

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

29/05/2020 Il Messaggero Veneto