Quei giovani invisibili che la politica continua ad ignorare

Molti commentatori lamentano come, in questa campagna elettorale, sia largamente assente un reale dibattito sui programmi e sulle proposte. Si preferisce rimpallarsi generiche responsabilità sul passato piuttosto che discutere e confrontarsi su documentate proposte per il futuro. Tengono banco più i sondaggi e le possibili alleanze che gli obiettivi concreti rispetto ai quali quelle alleanze dovrebbero risultare funzionali.
In questa generale assenza di contenuti programmatici ce ne è uno che è più assente di tutti altri.
Quello di una proposta credibile e documentata nei confronti dei nostri giovani.
Quella "generazione trasparente" come l'ha recentemente chiamata Severgnini in un suo editoriale sul Corriere della Sera. Trasparente nel senso che nessuno pare accorgersi della sua esistenza e dell'emergenza nazionale che questa oggi rappresenta per il futuro del nostro paese.
Nel giro di quattro anni gli occupati a disotto dei 30 anni si sono ridotti di 650 mila unità (da 3 milioni 850 mila del 2007 a 3 milioni 200 mila del 2011). Il nostro tasso di occupazione giovanile è tra i più bassi d'Europa. Superiore soltanto a quelli di Grecia, Ungheria e Lituania. Il tasso di occupazione dei nostri giovani laureati (25-29 anni) presenta un divario di addirittura 25 punti percentuali rispetto alla media Ue (54% contro 81%).
Come contrastare allora questo drammatico fenomeno rispetto al quale la tendenza in atto è quella di un'ulteriore erosione del numero dei giovani occupati? Come trasformare l'enorme giacimento di capitale umano giovanile presente nel nostro paese, largamente inutilizzato o sottoutilizzato, in un fattore fondamentale per la ripresa dello sviluppo, della competitività e del benessere sociale ? Come ripristinare nei nostri giovani la fiducia che in Italia sia ancora possibile restarci perchè è possibile ricevere il giusto incentivo per l'impegno e le capacità che si è disposti a profondere nell'attività che si intraprende ?
Una risposta può essere la previsione di una semplice misura di incentivazione fiscale che potrebbe essere limitata
temporalmente (5 anni).

Una misura che si sostanzia nel riconoscimento ai giovani di età inferiore ai 30 anni di una fascia di esenzione (no tax area) ai fini IRPEF per i redditi di lavoro di qualsivoglia natura (dipendente e autonomo).
La no tax area si estenderebbe solo fino ai primi due scaglioni di reddito imponibile, applicandosi quindi fino al compimento del trentesimo anno di età su un importo massimo di 28 mila euro di reddito (che è appunto la soglia del secondo scaglione IRPEF).
Una misura del genere non può essere qualificata come discriminatoria in ragione dell'età, dal momento che è proprio mirata a realizzare il superamento di quell'assetto produttivo che oggi si presenta fortemente sperequato proprio a danno dei giovani. Potrebbe quindi ben rientrare tra quelle azioni positive che sono negli obiettivi dell'Unione europea.
Gli oneri a carico del bilancio dello Stato necessari per dare attuazione ad un'agevolazione del genere sono certamente significativi ma non certo impossibili.
Sulla base degli occupati under 30 rilevati dall'Istat, dei redditi medi reali basati sulle statistiche fiscali e su un'imposta netta considerata con un abbattimento del 30% rispetto a quella lorda, il minor gettito fiscale di cui trovare copertura può essere stimato nell'ordine di circa 8 miliardi.
Un dato  peraltro riferibile al solo primo anno di applicazione della misura, in quanto poi progressivamente decrescente in relazione agli effetti positivi sul gettito determinati dall'inserimento nel mondo del lavoro di giovani altrimenti destinati a restare inattivi o comunque a permanere nell'ambito del "sommerso".
La necessaria copertura può essere individuata in un taglio dell'1% della spesa pubblica (801 miliardi) ovvero, in via alternativa o complementare, con una specifica destinazione di parte dei proventi derivanti dal recupero dell'evasione fiscale (12,7 miliardi nel 2011, secondo l'Agenzia delle Entrate).
Quante volte abbiamo sentito  i politici affermare che il recupero dall'evasione deve essere destinato a favore dei contribuenti in termini di minor carico fiscale? Quale impiego più nobile allora se non quello di destinare meno dei due terzi di quanto recuperato dall'evasione per detassare il lavoro dei nostri giovani? Dei nostri figli, dopotutto?
I riflessi per i giovani lavoratori sarebbero assolutamente importanti.
Per averne un'idea, su 28 mila euro di reddito, l'imposta media netta che si risparmierebbe con una tale misura è di circa 4.900 euro all'anno. Più di 400 euro al mese circa che resterebbero in più nelle tasche del giovane lavoratore. E, anche, diciamolo con franchezza, in quelle di molti meno giovani genitori che oggi quei figli sono costretti a continuare a mantenerli.
Ma il calcolo non è solo economico.
Una misura del genere sarebbe soprattutto un atto di giustizia e di solidarietà sociale. Una prova di coesione ed un messaggio di fiducia per i cittadini italiani di ogni età.
In tal modo, ripareremmo almeno in parte l'ingiustizia di aver addossato ai nostri giovani una quota di debito pubblico che non hanno minimamente contribuito a creare. Daremmo così anche un impulso alla velocizzazione dei percorsi di studio dei nostri giovani, in quanto ogni ritardo nel completamento del percorso formativo si tradurrebbe in una automatica riduzione del periodo agevolato a disposizione.
Sarebbe anche più efficace il contrasto al "lavoro nero", in quanto non risulterebbe più possibile l'esercizio di qualsivoglia forma di ricatto su un'attività che, per il lavoratore, non avrebbe più convenienza a risultare irregolare. La misura, infine, farebbe anche da argine alla fuga all'estero dei nostri migliori talenti. Anzi, potrebbe addirittura invertire, in entrata, il flusso del lavoro di qualità.
"La speranza non è più quella di una volta" era scritto sul muro di una grande città italiana.  La politica di oggi ha proprio il compito, coniugando immaginazione e concretezza, di restituire al giovane autore di quella scritta quella speranza che lamenta di avere perso.

02/02/2013 Messaggero Veneto