Piano per la ripresa: ma dove sono i numeri?

Esaurita la sbornia elettorale che ha concentrato sin qui tutte le attenzioni della politica e dei media, è bene ritornare a parlare di Recovery Fund e del nostro Piano Nazionale al riguardo, attualmente in preparazione. Con la consapevolezza, è bene ricordarlo sempre, che questo costituisce una vera e propria frontiera irrinunciabile per poter assicurare realmente un futuro a questo Paese ed alle sue giovani generazioni.

Le Linee Guida del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono state presentate dal governo lo scorso 15 settembre. Un Piano che, mutuando la definizione europea (Next Generation UE), si autodefinisce #NextGenerationItalia (con tanto di hashtag davanti). Ricordiamo che il Piano Nazionale costituisce la condizione indispensabile per poter accedere a quei fondi europei (750 miliardi complessivi) per la ripresa post-Covid, di cui una parte rilevante (circa 209 miliardi) sono potenzialmente disponibili per il nostro Paese. A patto di presentare tempestivamente, sia chiaro, un piano serio, circostanziato e coerente con le linee di sviluppo tracciate dall’Europa.

Il documento recentemente approvato dal governo (in tutto 38 pagine, siamo soltanto alle Linee Guida) traccia le sei grandi aree tematiche per le quali viene previsto l’intervento (digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, istruzione e ricerca, equità sociale, sanità) con alcuni obiettivi quantitativi di lungo periodo da raggiungere. Tra questi: raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia (dallo 0,8% dell’ultimo decennio all’1,6% in linea con la media Ue), portare gli investimenti pubblici al 3% del Pil, portare la spesa per ricerca e sviluppo al 2,1% (oggi 1,3%), conseguire un aumento del tasso di occupazione di 10 punti percentuali (oggi 63%, contro una media UE del 73,2%).

Si deve prima di tutto osservare che il dato sulla crescita storica è errato. Infatti, come ha già fatto presente Carlo Cottarelli, incassando il riconoscimento dell’errore incorso da parte dello stesso MEF, il tasso medio di crescita dell’economia italiana nell’ultimo decennio è stato dello 0,2% (e non dello 0,8%, come scritto nel documento) per cui per raggiungere l’obiettivo prefissato non è sufficiente raddoppiare il tasso di crescita storico ma addirittura moltiplicarlo per otto! Ma, verrebbe da dire, si possono commettere errori del genere in un documento di tale importanza? In ogni caso, quello che più colpisce dalla lettura del documento è la sua totale assenza di indicazioni numeriche. Come si possono conseguire quegli obiettivi se non si indicano anche le risorse che si intende investire per poterli raggiungere? Perché non vengono precisati i fondi da destinare ad ogni singolo progetto (come hanno già fatto altri Paesi, la Francia per esempio) o, quantomeno, ad ogni area tematica?

Se la risposta dovesse essere perché i numeri ancora non ci sono (o devono essere ancora negoziati), allora è ben difficile credere che possano risultare realizzabili quegli obiettivi quantitativi che, errori a parte, sono stati indicati nel Piano. Scrivere, come è stato scritto, che le tre linee strategiche del Piano sono quelle di “modernizzare il Paese”, di assicurare la “transizione ecologica” e di favorire “l’inclusione sociale” significa davvero poco. A parte la perdurante assenza di progetti specifici a favore dei nostri giovani (perché chiamarlo allora proprio #NextGenerationItalia?), dobbiamo essere consapevoli che si tratta di nulla di più di un’astratta petizione di principi, se non viene anche indicato come, con quali priorità e con quale ripartizione di risorse si intendono conseguire gli obiettivi.

La sensazione è che non si sia ancora pienamente compreso che queste risorse non saranno disponibili se non a precise e determinate condizioni e che quel che invece è però del tutto certo è che dovremo comunque contribuire a quei fondi europei con una nostra quota. Sarebbe davvero paradossale che, per i nostri ritardi e la nostra superficialità, nelle condizioni in cui versa il nostro Paese, si finisse per finanziare la ripresa altrui o comunque per andare pagare di più di quanto andremo poi a ricevere.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

24/09/2020 Il Messaggero Veneto