No tax area per aiutare i giovani

Nell'Italia che soffre ed in cui, secondo i dati Istat ed Eurostat, la povertà si è allargata a macchia d'olio (+ 141% rispetto a dieci anni fa) c'è una componente che continua a stare assai peggio delle altre: i nostri giovani.

Infatti, se in un decennio il tasso di povertà è addirittura diminuito per gli anziani, questo è invece cresciuto in misura preoccupante, di oltre tre volte, nelle fasce più giovani (18-34 anni).

Li chiamano i "giovani adulti", per sottolineare la difficoltà di affrancarsi dalla famiglia di origine sia sotto il profilo economico ma, spesso, anche dal punto di vista di una sorta di convivenza forzata. Così, quando finiscono gli studi, i nostri giovani vanno spesso a finire nel mondo dei cosiddetti Neet (acronimo inglese di "not in education, employment or training").
In sostanza, nel campo di quelli che non studiano, non lavorano e non sono in formazione.
A livello europeo, gli Stati dove è più alta la percentuale dei Neet sono anche quelli dove è più alto il tasso di povertà giovanile. In Italia, nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, i Neet sono il 15% ed i giovani a rischio di povertà il 32,2%. Uno su tre, in pratica. Percentuali da paura. Tanto per capirci, nella vicina Austria i giovani inattivi sono meno del 5% ed il rischio di povertà si ferma al 15,3%.

Cosa abbiamo fatto finora per contrastare un fenomeno così preoccupante?
Cosa abbiamo fatto per superare questa condizione in cui da giovani si diventa di colpo vecchi? Senza mai conquistare in realtà l'età adulta. La maturità. Cosa abbiamo fatto? Nulla o, al più, troppo poco.

Nel maggio 2014 è stato lanciato il programma Garanzia Giovani con l'obiettivo di aiutare gli under 30 a trovare un lavoro. Un vero e proprio flop. Quasi un milione di giovani si sono iscritti al programma, ma solo 32 mila (il 3,7%) hanno trovato un lavoro vero. Da Bruxelles sono arrivati 1,5 miliardi, distribuiti alle Regioni in base al tasso di disoccupati. Spesi male. In pratica, ciascun contratto è venuto a costare circa 47 mila euro. Facile pensare, ancora una volta, agli sprechi e ad inutili costi della burocrazia.

Credo che ci dobbiamo immaginare misure più forti e più immediatamente percepibili dai nostri giovani destinatari.

Personalmente resto dell'idea che la strada giusta sia quella della detassazione del lavoro giovanile, sia dipendente che autonomo. Le risorse, per quanto scarse, vanno indirizzate massimamente in questa direzione. Penso ad una "no tax area" Irpef per i redditi di lavoro fino al raggiungimento del trentesimo anno di età e fino a concorrenza del secondo scaglione d'imposta (28 mila euro).
Sarebbe quella prova di fiducia che i nostri giovani attendono, oltre che un fattore di coesione tra generazioni. Una misura di giustizia e di solidarietà sociale. Per unire e non dividere ancora questo travagliato Paese. Un provvedimento che farebbe anche da argine alla fuga all'estero dei nostri migliori talenti ed anzi potrebbe addirittura invertire, in entrata, il flusso del lavoro di qualità.

Una misura concreta che dimostri che, una volta tanto, siamo stati capaci di capire il vero segnale che arriva da quel 70% dei nostri giovani che ha votato no alla recente consultazione referendaria. Una reazione adeguata che dimostri anche, coi fatti, che talune infelici espressioni di questi giorni non appartengono al pensiero di chi ha la responsabilità di governare questo nostro Paese.

No tax area per aiutare i giovani

Claudio Siciliotti
@csiciliotti

 

28/12/2016 il Messaggero Veneto