Mini Imu, maxi caos

Ventiquattro gennaio, quasi 2.400 comuni, 10 milioni di cittadini italiani proprietari di prime case fanno la fila davanti alle poste per fare il proprio dovere di cittadini e di contribuenti. Proprio così, proprietari di prime case. In barba a tutte le promesse secondo cui le tasse sull'abitazione principale non se ne sarebbero dovute pagare più. Dovranno invece pagare la cosiddetta mini Imu. Secondo le stime, un costo medio di circa 40 euro. Per un gettito complessivo di 400 milioni.
Gettito che, senza timore di sfiorare il ridicolo il Ministro dell'Economia Saccomanni ha definito addirittura "necessario per salvaguardare l'equilibrio di bilancio, data l'impossibilità di attivare strumenti impositivi alternativi". 400 milioni su oltre 800 miliardi di spesa pubblica. Meno di un due millesimo del totale. È proprio difficile pensare che la salvezza dei conti pubblici passi davvero da qui.
Si tratta di versare il 40% della differenza tra l'aliquota base e l'aumento deliberato dal proprio Comune. Questi i numeri di un'imposta che appunto i soli proprietari di prime case dovranno pagare entro venerdì prossimo se risiedono in uno dei Comuni che hanno previsto un'aliquota più alta del quattro per mille fissato dallo Stato.
Calcoli complessi, infinite perdite di tempo per pochi spiccioli. Commercialisti isterici più dei loro clienti per un'attività che dovranno fare senza poter, verosimilmente, richiedere per questa neppure un compenso.
Non è infatti solo il peso, sempre più elevato, del carico fiscale a deprimere i cittadini. È assai peggio la confusione e la complicazione degli adempimenti. È questo che genera il maggior scoramento. Paradossi di un Paese dove è stato istituito addirittura un ministero per le riforme, senza che di queste si sia sinora vista l'ombra; come pure esiste anche un ministero per la semplificazione, con i risultati che sono appunto davanti agli occhi di tutti.
In questo caos, una certezza però c'è sempre. Se sbagli saranno affari tuoi: sanzioni e sovrattasse non te le leva nessuno.
C'è da chiedersi perché non possano essere i Comuni ad inviare a domicilio un bollettino pre compilato a ciascun proprietario contenente l'importo dovuto? Le case del resto, si sa, sono tutte accatastate. Nei decenni su queste si sono riscosse tutte le tasse che nella storia si sono susseguite: Isi, Ici, Imu, Tarsu, Tares... Ogni dato è quindi perfettamente noto all'amministrazione comunale.
Non sarebbe l'ora di pretendere che, se si vuole anche questa integrazione, sia almeno il Comune a chiederla direttamente al cittadino, dicendogli esattamente a quanto ammonta il conto? Si è mai visto un fornitore che si faccia dire dal cliente quanto gli deve?
Se davvero non si possono ancora ridurre le tasse, si potrebbe perlomeno provare a ridurre il caos.

21/01/2014 Messaggero Veneto