Mai sprecare una crisi

“Mai sprecare l’occasione di una grave crisi, dà l’opportunità di fare cose che non avresti potuto fare prima”. Questa frase, attribuita a Rahm Emanuel capo di gabinetto di Barak Obama all’epoca del crollo finanziario del 2008, torna di stringente attualità anche ai giorni nostri.

E’ vero, i tempi di crisi sono anche tempi di opportunità. Forse irripetibili. La crisi è infatti il momento migliore per avviare un processo di profondo cambiamento e renderlo strutturale e funzionale non solo al periodo transitorio. Durante i periodi di difficoltà, infatti, la gente e le organizzazioni sono più disposte ad accettare cambiamenti radicali. Altrimenti, come la storia ci ha dimostrato, la prassi finisce per diventare una routine consolidata, mantenuta strenuamente anche quando si dimostra chiaramente poco funzionale.

Sono però tempi di opportunità solo per chi sa agire e reagire tempestivamente. Nella comunicazione e formazione manageriale si dice che questa non è più l’epoca in cui “il pesce grosso mangia il pesce piccolo”, ma in cui “il pesce veloce mangia il pesce lento”. Lo stesso vale anche in politica. Soprattutto in questo momento. E evocare sempre “tempi tecnici” a giustificazione del ritardo nelle scelte ti rende fatalmente un pesce lento.

Trascuriamo allora per un momento il tema dell’emergenza sanitaria e quello dell’Europa e del suo ruolo. Temi chiaramente importantissimi ma che rischiano, a livello economico, di far ritardare quelle decisioni interne che il tempo finirebbe per rendere meno efficaci o addirittura inefficaci. Pensiamo allora, per un momento, solo al nostro Paese ed alla sua attuale struttura istituzionale, economica e produttiva.

Non facciamoci neppure spaventare dalle previsioni catastrofiche del Fondo Monetario Internazionale secondo cui nel 2020 ci sarà una recessione globale senza precedenti e l’Italia sarà uno dei Paesi più colpiti al mondo. Facciamole diventare uno stimolo. Abituiamoci a considerare che, realisticamente, usciremo da questa crisi più o meno con il Pil di 20 anni fa e con un debito pubblico superiore al 150%. In sintesi, 20 anni buttati via dal punto di vista della crescita, con un debito (ricordiamoci, 20 anni fa era del 100%) che ci renderà ancor più vulnerabili. Il tema è quindi quello di non sprecare ancora il tempo. Pensiamo allora a quel che possiamo fare noi italiani, per noi stessi. Anche perché, stiamone pur certi, tutti gli altri questo stanno facendo. E arrivare dopo, appunto da pesci lenti, può significare non arrivare più.

Credo allora che dovremmo lavorare intensamente, e subito, almeno su cinque grandi temi: la politica industriale, le infrastrutture, la semplificazione, i giovani e l’evasione fiscale.

1. Due sono i nodi che vanno affrontati per rendere il nostro sistema industriale più forte e competitivo: la crescita dimensionale delle imprese ed il loro adeguamento tecnologico. La spinta all’aggregazione tra imprese in passato non sempre ha funzionato. Bisogna spingere nella direzione della crescita interna con incentivi alla capitalizzazione ed all’investimento in tecnologia.

2. Va avviato un grande piano strategico di investimento in infrastrutture (aeroporti, strade, scuole, ospedali, rete ferroviaria, fibra ottica, programmi di messa in sicurezza del territorio) individuando strumenti che canalizzino la notevole ricchezza privata nazionale per finanziarlo. Nessuna patrimoniale ma, al contrario, significativi incentivi fiscali per chi deciderà liberamente di investire sull’ammodernamento del nostro Paese.

3. Bisogna passare dalla logica dell’autorizzazione (fonte di clientelismo e di corruzione) a quella dell’autocertificazione e del controllo. Sei libero di fare ma se, all’esito del controllo non hai rispettato le regole, ti sanziono pesantemente. Bisogna poi creare una task force sulla qualità e comprensibilità delle leggi. Sono inaccettabili provvedimenti quali quelli attuali che persino i tecnici interpretano oggi in maniera difforme.

4. Va detassato il lavoro giovanile “under 30”, sia dipendente che autonomo. I nostri giovani sono i più penalizzati dalla crisi, senza peraltro averne alcuna responsabilità. Va dunque incentivato il loro ingresso precoce nel mondo del lavoro, alimentando la fiducia che si possa ricevere il giusto riconoscimento per l’impegno e le capacità profuse. I giovani sono un capitale fondamentale per lo sviluppo futuro di qualsiasi società avanzata che non può restare sottoutilizzato.

5. Bisogna fare i conti una volta per tutte con il tema dell’evasione fiscale. Non solo in termini di controlli e di sanzioni ma, in primo luogo, di coscienza civica. Non possiamo accettare che l’evasione valga oggi circa 100 miliardi, quanto l’intera spesa sanitaria del nostro Paese. Un’Italia nuova e riformata richiede anche cittadini disposti a fare di più il loro dovere nei confronti della collettività.
In altri tempi avrei detto che su questi temi va aperto un dibattito. Oggi dico che su questi temi bisogna invece agire immediatamente. In maniera coordinata e complessiva. Perché tutte le tematiche si tengono tra di loro, l’una con l’altra.
Alla politica si deve chiedere di mettere subito in atto una strategia in grado di produrre i suoi effetti prima che il contraccolpo della crisi ci condanni irrimediabilmente al declino. A noi stessi dobbiamo chiedere di credere in questo Paese con un rinnovato senso civico di comunità e di appartenenza.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

17/04/2020 Il Messaggero Veneto