Liquidità: si cominci a dare quello che già spetta

In questo periodo di crisi economica, in conseguenza della grave emergenza sanitaria, la parola chiave è senza dubbio “liquidità”. Si chiama infatti così, in gergo, l’ultimo decreto emanato dal governo per contrastare gli effetti del lockdown imposto per necessità a parte rilevante delle nostre attività economiche.

Per liquidità, banalmente, si deve intendere la disponibilità immediata di denaro contante. Quella disponibilità che oggi viene a mancare al mondo produttivo nazionale, sia per effetto delle riduzioni di fatturato imposte dalla chiusura che per le crescenti difficoltà di incassare i crediti già esistenti.

Di qui le soluzioni sinora prospettate: solo liquidità a prestito dalle banche (che poi però si deve restituire) come abbiamo fatto noi; anche liquidità a fondo perduto (quindi senza obbligo di restituzione) come invece tanti altri hanno fatto (Germania in testa).

Stupisce però che, in questo contesto, non si parli abbastanza di qualcosa di molto più semplice, immediato e soprattutto equo. Specie in momenti come questi. In sintesi, si cominci a dare quello che, da tutti i punti di vista, già appartiene di diritto a ciascun soggetto economico. E che ancora manca. Mi riferisco ai debiti della pubblica amministrazione verso le imprese, alla possibilità di compensare debiti e crediti d’imposta ed alle somme bloccate nelle procedure fallimentari.

Nel primo caso, si tratta di oltre 50 miliardi che lo Stato deve alle nostre imprese per forniture non contestate che queste hanno effettuato nei suoi confronti. Una prassi, quella dei pagamenti ritardati da parte della pubblica amministrazione, che peraltro ci è pure costata diverse procedure di infrazione a livello europeo.

Nel secondo caso, si tratta di rimuovere i vincoli proprio di recente introdotti con l’ultima finanziaria di modo che il debito effettivo del contribuente nei confronti dello Stato tenga conto, a scalare, dell’eventuale credito allo stesso titolo effettivamente maturato. Parrebbe semplice, ma oggi non è così.

Da ultimo, si stima che presso le sezioni fallimentari dei tribunali italiani giacciano circa 100 miliardi di crediti che vantano legittimamente quelle imprese che hanno avuto la sventura di essere creditori di soggetti poi falliti. Un provvedimento urgente per snellire le procedure consentirebbe di sbloccare somme a favore di chi ne ha diritto e che sono già disponibili sui conti dei fallimenti.

Perché tutto questo non si fa subito? Non sarebbe forse più giusto, prima di parlare di liquidità a debito, ricercare e trovare formule efficaci per garantire con immediatezza quella liquidità che già spetta, da troppo tempo, a tanti operatori economici in questo Paese?
Forse perché, in questo Paese, la semplicità è sempre difficile a farsi.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

21/04/2020 Il Messaggero Veneto