Le professioni intellettuali oggi in Italia: un potente motore di sviluppo da valorizzare

I professionisti iscritti ad Ordini sono oggi in Italia circa 2,3 milioni e producono il 15% del PIL nazionale.
Si dice spesso che questo è il secolo dove conta "chi sa" più di quanto conti "chi ha".
Un secolo in cui il sapere intellettuale è il più potente motore di sviluppo ed il più rilevante fattore competitivo di una collettività nazionale.
Se ciò è vero - come lo è senz'altro - non può non porsi il tema di come favorire lo sviluppo e la crescita di questo capitale intellettuale.
Un capitale che non è certo rappresentato solo dalle professioni, ma al cui interno le professioni giocano un ruolo senz'altro di assoluto rilievo.
Per molti anni (troppi) si è discusso di riformare le professioni senza che, ad oggi, questo percorso possa dirsi interamente compiuto.
L'obiettivo non è stato raggiunto anche perchè non si è mai chiarito esattamente e compiutamente che cosa si dovesse intendere per "riforma", da un lato, e per "professione", dall'altro.
Una riforma non è la semplice modifica di una legge precedente.
Una riforma è innanzitutto la constatazione dell'avvenuto superamento dei presupposti che hanno originato la legge vigente.
Successivamente, vanno individuati i nuovi obiettivi di fondo che si vogliono cogliere.
Ed, infine, va definito un disegno di legge coerente con i nuovi obiettivi tracciati.
Una professione poi non è una semplice attività di carattere intellettuale ma un'attività cui si accede per il tramite di un esame di stato, così come recita l'art. 33 della nostra carta costituzionale.
In questi anni - diciamolo con franchezza - si sono perseguiti obiettivi sbagliati e si è fatta molta confusione sul concetto stesso di professione.
Per anni si è discusso di rimuovere le barriere all'accesso per favorire maggiormente l'ingresso dei giovani quando, in realtà, la numerosità dei nostri professionisti è già oggi di molto superiore a quella degli altri paesi europei.
Per anni si è discusso di una sorta di "sistema duale" (Ordini/Associazioni) che permettesse, contrariamente al principio del merito, di far conseguire il medesimo risultato a tutti, pur con percorsi formativi nettamente differenziati.
Una sorta di "duale al ribasso", dove chi fa di meno ottiene lo stesso risultato di chi fa di più.
Quando, viceversa, si sarebbe dovuto discutere di "duale al rialzo", dove vengano riconosciuti i titoli di specializzazione a quei professionisti che decidono di integrare il loro percorso formativo di base.
Non si vuole impedire a nessuno - sia chiaro - di poter stare sul mercato ed offrire le proprie prestazioni liberamente quando queste non sono, per legge, riservate o prerogativa esclusiva di altri soggetti.
Si deve però impedire una surrettizia equiparazione di soggetti con caratteristiche diverse mortificando in tal modo quelli che, meritoriamente, hanno scelto i percorsi formativi più difficili e più impegnativi in termini di tempi dedicati.
Gli obiettivi di una reale riforma del sistema devono in sostanza permettere, all'interno, di far emergere i migliori ed, all'esterno, di consentire al mercato di poterli individuare più agevolmente e, se del caso, scegliere.
Le professioni, in questo senso, devono saper accettare, senza arroccamenti corporativi, la sfida della concorrenza, della qualità e della trasparenza.
Ma, al tempo stesso, va garantito ai professionisti, senza più ambiguità sulla loro qualifica, che più impegnativo sarà il percorso formativo prescelto e più questo sarà attestato e riconosciuto dal sistema.
Così come dovrà garantirsi un modello organizzativo ad hoc che permetta di remunerare il capitale intellettuale conferito alla società tra professionisti in maniera più rilevante e comunque distintiva rispetto al capitale finanziario.
Dal primo punto di vista è giusto limitare il ricorso a numeri chiusi (o programmati) a casi di effettiva e riconosciuta pubblica necessità.
Lo stesso dicasi per eventuali riserve od esclusive.
Come pure vanno aboliti vincoli tariffari e vincoli alla pubblicità.
Vanno inoltre distinte le funzioni di rappresentanza da quelli disciplinari, va abbreviato e remunerato il percorso di tirocinio, vanno rese obbligatorie la formazione professionale continua ed un'adeguata copertura assicurativa a tutela dei rischi derivanti dall'attività svolta.
Dal secondo punto di vista, vanno definiti e riconosciuti i percorsi formativi di specializzazione professionale e portata a rapido compimento la regolamentazione della società tra professionisti.
Ai professionisti il Paese deve chiedere impegno proprio sulla strada della specializzazione e dell'organizzazione.
Questo è un secolo dove, come dicono gli americani, "average is over", il medio non esiste più.
I professionisti devono quindi accettare la sfida di saper sempre fornire un servizio distintivo e originale. Distinguersi per non estinguersi.
Un valore aggiunto che permetta loro di trovare, tramite questo, spazio su un mercato del lavoro che non potrà mai essergli altrimenti garantito.
Al tempo stesso anche il Paese deve saper fare qualcosa per i suoi professionisti, non solo con la definizione di sistema in precedenza delineata.
Va infatti estesa una funzione ausiliaria all'attività della pubblica amministrazione che, in tal modo, verrebbe a giovarsene in termini di riduzione di spesa fissa, di maggiore flessibilità e professionalità.
Il tema della mediazione civile, la definizione tecnica nei casi di separazioni e divorzi, la revisione dei conti, la certificazione ed attestazione di aspetti tecnici, la valutazione delle performances delle p.a., la gestione dei patrimoni sequestrati alla criminalità organizzata, sono solo alcuni degli esempi di un ampio e proficuo utilizzo delle risorse professionali, qualificate ed indipendenti, in questa direzione.
Infine, le professioni non vanno più dimenticate per il contributo che queste forniscono allo sviluppo economico ed occupazionale del nostro Paese.
La politica degli incentivi che solitamente si rivolge a "famiglie ed imprese" deve più opportunamente riguardare, d'ora in avanti, "famiglie ed attività produttive", incluse in quest'ultime appunto anche le professioni.
I professionisti italiani devono sapere, in sostanza, che la società che noi vogliamo non potrà garantire loro nessuna protezione sulla strada della difesa corporativa di prerogative che il mercato non può e non deve loro riconoscere ma, altrettanto, devono sapere che, in questo contesto, il talento ed il merito, specie se faticosamente coltivati e conseguiti, saranno sempre riconosciuti e tutelati.

13/07/2013