Via la ritenuta d'acconto per i professionisti

I soggetti più pesantemente colpiti da questa crisi, in conseguenza dell’emergenza sanitaria COVID-19, sono senza alcun dubbio i lavoratori autonomi. Quelli che, se sono costretti a stare a casa, non hanno comunque uno stipendio garantito e che, se l’attività è in crisi, non godono neppure di ammortizzatori sociali.

I professionisti, tra questi. Ed è giusto, una volta tanto, focalizzare l’attenzione su questa componente rilevante della società e dell’economia nazionale.

Parliamo infatti di 1 milione e 400 mila lavoratori autonomi che muovono ogni anno un volume d’affari di oltre 200 miliardi di euro (pari a più del 12% del Pil nazionale).Lavoratori che hanno scontato anch’essi le difficoltà della situazione economica ancor prima di questa crisi se è vero com’è vero che il 20% dei notai, il 25% dei commercialisti e addirittura la metà circa degli avvocati, ingegneri ed architetti italiani ha fatto richiesta del bonus dei 600 euro le cui condizioni di accesso – lo ricordiamo – sono quelle di avere un reddito 2018 fino a 35 mila euro, ovvero tra 35 e 50 mila, se hanno ridotto la loro attività di almeno un terzo nel primo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.

Non proprio dei privilegiati, in altre parole. Persone che svolgono pure funzioni essenziali per lo sviluppo di questo Paese per la rilevanza dei servizi offerti (sanità, giustizia, economia, urbanistica, tanto per citarne alcuni).

In questo attuale contesto, la misura minima per garantire oggi un reale sostegno ai professionisti italiani cui l’emergenza sanitaria impedisce di tenere aperti gli uffici è l’abolizione della ritenuta d’acconto su tutte le prestazioni 2020.

E non per quindici giorni e a condizione di avere un fatturato inferiore a 400 mila euro e di non avere dipendenti, come previsto dal DL Cura Italia. Ma per tutto il 2020. E senza alcuna condizione.

Si badi bene, non si tratta di una concessione, è semplicemente un atto di giustizia.

Una ritenuta del 20% sui ricavi, per soggetti i cui costi incidono mediamente per il 50% del fatturato, equivale a vedersi trattenuto, a titolo di acconto, un importo pari al 40% (!) del reddito.

Ma, in periodo di crisi, questo non è un acconto, è un prestito forzoso a favore dello Stato.

Non si tratta quindi di far pagare di meno del dovuto, si tratta semplicemente di non richiedere di versare in anticipo quello che, di questi tempi, dovuto non sarà mai.

Senza nulla sottrarre alle casse dello Stato, questo dalla politica i professionisti italiani lo possono proprio legittimamente pretendere.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

25/04/2020 Il Messaggero Veneto