La lezione (inascoltata) di Draghi

Il 18 agosto, in un’Italia in piena vacanza, Mario Draghi ha pronunciato a Rimini un discorso dai più definito come memorabile. Infatti, salvo sporadiche e marginali eccezioni, tutti i commenti del mondo politico (e non solo) si sono affrettati a sottolineare il grande spessore dell’intervento e l’approccio da vero statista dell’ex Presidente della Bce. Qualcuno, spingendosi ancora più in là, ha voluto addirittura commentare dicendo che si è trattato, di fatto, del primo discorso ufficiale del prossimo Presidente della Repubblica.

Ma cosa ha mai detto di così importante Mario Draghi in quell’occasione e cosa ha fatto immediatamente la nostra politica nazionale per recepire nei fatti quelle indicazioni che ha mostrato di voler così largamente condividere?

Il suo discorso è stato incentrato principalmente sul tema dei nostri giovani e sul loro futuro. “Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire. Ai giovani bisogna dare di più: i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e i loro redditi futuri” ha detto Mario Draghi. Ed ha pure aggiunto “il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. E’ nostro dovere far sì che abbiano gli strumenti per farlo” ricordando anche che “per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre risorse in favore di obiettivi con più certo ed immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare i giovani del loro futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”. Parole quindi molto chiare con l’evidenziazione, senza equivoci, di una priorità ben precisa: i nostri giovani. E l’investimento nella loro istruzione come presupposto per garantire quella preparazione necessaria per entrare nel mondo del lavoro con le capacità indispensabili per poterne fare il pilastro su cui costruire le proprie legittime aspettative di vita.

Parole, come detto, ampiamente condivise. Al di là dello schieramento politico. Fatto anche questo altamente positivo, nella convinzione che una stagione di riforme profonde non possa essere realizzata a semplici colpi di maggioranza. Per di più in una situazione in cui queste maggioranze si sono rivelate, come accade ormai da decenni nel nostro Paese, ad ogni occasione elettorale, tutt’altro che stabili.

E’ quindi del tutto legittimo chiedersi in che modo si intenda dar corso al raggiungimento di questo obiettivo, riconosciuto appunto come unanimemente prioritario, a poco più di un mese dal termine imposto da Bruxelles (15 ottobre) per la presentazione del piano italiano per ricevere gli oltre 200 miliardi previsti dal Recovery Fund e ad una manciata di giorni (14 settembre) dalla riapertura delle nostre scuole. In una fase in cui ogni giorno vale doppio, data l’urgenza e la necessità di intervenire in un Paese in cui la disoccupazione giovanile ha ormai raggiunto il 31% (praticamente un giovane su tre è senza lavoro) e l’Italia resta il Paese in cui le scuole sono state chiuse prima degli altri e si avviano invece ad essere riaperte dopo di tutti.

In questi giorni sono iniziate le audizioni nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato con le parti sociali ed i ministeri interessati proprio per l’individuazione delle priorità per l’utilizzo del Recovery Fund e delle modalità concrete per conseguire gli obiettivi fissati. Ma perché non si è iniziato prima? Perché questo dibattito centrale per il nostro futuro non viene fatto con un’evidenza pubblica (e mediatica) pari all’importanza della posta in gioco? Sarà effettivamente il tema dei giovani la principale priorità del piano?

Tra qualche giorno riaprono le scuole. Il dubbio di non essere pronti è più che consistente. Le scuole sono chiuse da marzo e l’impressione è che si sia sprecato troppo tempo se ancora mancano spazi, docenti, attrezzature e, soprattutto, protocolli chiari per la tutela della salute di circa 8 milioni di studenti, delle loro famiglie, dei docenti e del personale scolastico.

Pensiamo di poter affrontare in questo modo quella “priorità giovani” che a parole (solo a parole, viene da dire) abbiamo mostrato tutti di condividere spellandoci le mani davanti al discorso di Mario Draghi?

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

05/09/2020 Il Messaggero Veneto