Italia o Etruria?

La vicenda delle quattro banche da salvare (Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti) sta avvelenando il clima politico e sociale del nostro Paese senza che se ne intraveda ancora una giusta soluzione e, soprattutto, una chiara individuazione delle rispettive responsabilità. La vicenda non può essere liquidata scaricandone le responsabilità su Bruxelles e sul cosiddetto "bail-in", ossia sulle norme europee che prevedono l'auto salvataggio della banca in default, imputandone le perdite in primo luogo agli azionisti ed a coloro che hanno sottoscritto obbligazioni "subordinate" emesse dallo stesso istituto.
Ciò in quanto le nuove regole europee per prevenire e gestire le crisi bancarie sono state votate anche dall'Italia e comunque sono intervenute dal 1 gennaio 2016, quindi successivamente al decreto di salvataggio del Governo che risale infatti a novembre 2015.
Diciamo allora, più correttamente, che il decreto è stato fatto proprio per evitare il "bail-in" che, nel caso in questione, avrebbe messo a rischio anche i bond ordinari ed alcuni conti correnti delle quattro banche interessate.

La responsabilità - Il primo punto fermo che va messo sull'intera vicenda è che la responsabilità di quanto accaduto ricade innanzi tutto sugli amministratori dei quattro istituti, sull'opacità ed autoreferenzialità del sistema che ha garantito la loro nomina e sui diffusi conflitti di interesse che lo hanno viziato. Un sistema che ha potuto agire senza che la politica e le autorità deputate al controllo intervenissero adeguatamente e tempestivamente.

Il rischio - Il secondo punto fermo che dev'essere individuato è che non si può chiudere la vicenda definendo gli investimenti dei risparmiatori come "a rischio" e, come tali, chiaramente esposti alla possibilità di insuccesso.
Non è così per una serie di ragioni. Non dimentichiamo infatti che se le banche conoscono persino i minimi problemi dei loro clienti, questi non sanno praticamente nulla delle loro sofferenze o della finanza allegra di taluni istituti. È inoltre noto che, per ricevere un mutuo o un prestito, bisogna essere disposti oggigiorno ad acquistare un pò di tutto dalla banca che te li concede. Quanto a dire che le scelte non è affatto detto che siano state né informate né del tutto volontarie.
Aggiungasi che agli acquirenti dei titoli "subordinati" non veniva neppure riconosciuto un effettivo premio di rischio. I rendimenti, infatti, erano praticamente in linea con quelli dei titoli ordinari. Quindi i risparmiatori non vivevano l'investimento come una speculazione particolarmente profittevole e quindi rischiosa. Detto altrimenti, il rischio è stato loro sottaciuto e non evidenziato. Quindi, inutile girarci intorno, sono stati ingannati.

Il parziale risarcimento dei danneggiati - Come è noto questo intervento, definito "umanitario", sarà devoluto ad un arbitrato gestito dall'Autorità anti corruzione di Raffaele Cantone anche se restano tutti da definire, via decreto ministeriale, i dettagli cruciali del provvedimento quali l'identificazione dei beneficiari ed i massimali di intervento sul totale delle obbligazioni sottoscritte.
Non poche perplessità emergono su questa scelta.
Innanzi tutto mischiare l'azione umanitaria con un atto di giustizia è sbagliato e fuorviante. Si dice che dovranno essere valutate le eventuali condizioni di indigenza dei malcapitati. E perché? C'è forse un particolare diritto che permette di poter considerare legittimo truffare i (cosiddetti) ricchi? Se i titoli sono stati piazzati con l'inganno, il danneggiato deve avere diritto al rimborso. Quale che sia la sua posizione sociale ed il suo conto in banca. E ancora, l'arbitrato avrà sicuramente un costo. Chi ne sopporterà le spese? Mica per caso gli stessi danneggiati?
A tacere infine della evidente delegittimazione di altre istituzioni (Banca d'Italia e Consob) che, pur non esenti da colpe per il passato, devono essere oggi rafforzate e sostenute a garanzia della tenuta dell'intero sistema.
Forse andrebbe invece maggiormente considerata la possibilità di riconoscere eventuali diritti sul capitale delle nuove banche risanate ai vecchi azionisti ed ai possessori di obbligazioni subordinate.

Chi paga? - Si dice che l'intervento non avrà costi per lo Stato e non graverà sulle tasche dei cittadini.
Difficile pensare che sia davvero così.
Più facile immaginare che le banche trasferiranno comunque sulla clientela gli oneri del salvataggio che si risolverà pertanto nella limitazione al credito, nell'aumento del costo dei servizi e nella ulteriore riduzione della remunerazione del risparmio.
In conclusione, la collettività finirà comunque per pagare l'onere degli interventi sia pure in forme assai più difficili da valutare.

Infine, il Bail-in - Siamo davvero sicuri che sia la soluzione giusta e, soprattutto, che sia compatibile con l'articolo 47 della nostra carta costituzionale che prevede espressamente la tutela del risparmio ed il controllo dell'esercizio del credito?
Forse è il caso di considerare maggiormente che la protezione della collettività non può avvenire infliggendo perdite a quei risparmiatori incolpevoli che dovremmo invece tutelare, bensì migliorando e rafforzando i sistemi di informazione e di vigilanza.
I tedeschi, del resto, hanno sempre rimesso al vaglio della loro Corte Costituzionale Federale le decisioni assunte dalla BCE in materia di acquisto di titoli di Stato.
Non sarebbe davvero uno scandalo se anche noi facessimo altrettanto.
In fin dei conti siamo pur sempre l'Italia, non l'antica Etruria.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti

21/01/2016