Il dovere di farsi capire

Uno dei principali esponenti della cultura giuridica italiana tra il 19° e 20° secolo, Vittorio Scialoja, punto di riferimento per intere generazioni di giuristi, ebbe a scrivere “Il diritto è l’arte di tracciare limiti ed un limite non esiste se non quando sia chiaro”.

Davvero difficile non riconoscersi in un’affermazione come questa. Semplice e fulminante. Se il “limite” posto dal legislatore a tutela di un pubblico interesse non è del tutto chiaro e perfettamente intellegibile per i soggetti che ne sono destinatari, di fatto è come se fosse inesistente. E adempiervi, per il cittadino, risulta pertanto oggettivamente difficile. Se non impossibile.

A ciò va aggiunto che la chiarezza va sempre a braccetto con la brevità. Un antico detto cinese dice che “quello che non si può dire in poche parole, non si può dire neanche in molte”. E la brevità è assai spesso diretta conseguenza della chiarezza di pensiero dell’estensore del testo. Ed è anche, quasi sempre, inversamente proporzionale al tempo che viene dedicato all’approfondimento del tema da trattare. Da quest’ultimo punto di vista, con la consueta acutezza, Blaise Pascal terminava uno scritto giustificando così l’eccessiva prolissità del suo testo: “mi scuso per la lunghezza della mia lettera, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve”.

Alla luce di tutto quanto precede come giudicare, al di là dei contenuti su cui ci siamo peraltro intrattenuti più volte su queste pagine, tutta la produzione normativa del governo in epoca Covid? Ricordiamo i dati essenziali: decreto “Cura Italia”, 17 marzo, 127 articoli; decreto “Liquidità”, 8 aprile, 44 articoli; decreto “Rilancio”, 19 maggio, 266 articoli; decreto “Semplificazioni”, 16 luglio, 76 articoli; decreto “Agosto”, 14 agosto, 115 articoli. In tutto quindi oltre 600 (!) articoli di legge nell’arco di sei mesi, spesso assai lunghi e composti da commi altrettanto estesi. Per di più con una marea di decreti d’attuazione ancora da pubblicare. Così da rendere ancora più incerti i termini e le modalità concrete di attuazione delle disposizioni normative.

Può essere considerato accettabile un siffatto modo di legiferare? Può essere considerato compatibile, in particolare, con un periodo di emergenza dove l’immediatezza dell’intervento e proprio la chiarezza delle disposizioni dovrebbero risultare essenziali?

L’Italia è forse l’unico Paese al mondo in cui esiste addirittura un “Ministero per la Semplificazione”. Oltre a Dipartimenti e Commissioni che, negli anni, si sono occupati (chiaramente inutilmente) del tema. A giudicare dai risultati, infatti, se ne sarebbe potuto fare sicuramente a meno.

Il problema però esiste ed è giusto sottolinearlo. Proprio in momenti come questi. Farsi capire è infatti un dovere etico, prima ancora che tecnico-professionale. E la politica ne deve per forza rispondere. Perchè capire è invece un diritto e, come tale, va sempre rivendicato. Anche col rifiuto di considerare normali testi oscuri ed inaccessibili.

Altrimenti si finisce per percepire giustizia e legge come parole contrapposte. E così il Paese rischia di andare alla deriva.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

28/08/2020 Il Messaggero Veneto