Caos versamenti per le Partite IVA

Dopo aver ascoltato per mesi espressioni inutilmente roboanti con frequente ricorso addirittura a metafore belliche (bazooka, eccezionale potenza di fuoco …) per descrivere l’impegno del governo nei confronti dei suoi cittadini afflitti dalla più pesante crisi dal dopoguerra in poi, alla fine, ci troviamo sempre a dover constatare che la montagna partorisce il topolino. O meglio, in taluni casi, non riesce neppure a partorire quello.

Non dimenticando mai, infatti, che i soggetti che più hanno subito gli effetti della pandemia sono stati quelli costretti a chiudere la loro attività non già per mancanza di clienti ma semplicemente per impedire la diffusione del contagio, ci ritroviamo a dover constatare che proprio i contribuenti soggetti agli ISA (i cosiddetti “indici sintetici di affidabilità fiscale”) e le partite IVA individuali in regime forfetario dovranno versare i saldi 2019 e i primi acconti 2020 ai fini IRPEF e IRES entro il prossimo 20 luglio e non entro il prossimo 30 settembre, come era stato dato praticamente per scontato secondo le anticipazioni e le assicurazioni circolate in sede di conversione in legge del decreto “Rilancio”.

Il testo del decreto, infatti, già approvato dalla Camera senza contenere l’attesa proroga, non permette più modifiche in Senato per poter rispettare la doppia approvazione entro il termine ultimo di conversione in legge (18 luglio).

E così, mentre in un anno assolutamente normale (il 2019), per una serie di problematiche connesse proprio alla messa a punto degli ISA e quindi per favorirne l’applicazione a vantaggio dell’amministrazione finanziaria, gli stessi versamenti erano stati prorogati senza problemi dal 30 giugno al 30 settembre, quest’anno, dopo tutto quello che in questa prima parte dell’anno ci è piovuto addosso ed il profluvio di promesse ricevute, sembra che non si riesca a far di meglio che differire tali versamenti solo dal 30 giugno al 20 luglio.

Sarà poi effettivamente così? Non è detto. Siamo pur sempre in Italia, non dimentichiamolo. Circola infatti più di una voce secondo cui nel decreto “Semplificazioni” potrebbe essere inserita una norma che disapplica le sanzioni per i versamenti eseguiti proprio fino al 30 settembre. In pratica, “si deve” versare entro il 20 luglio, ma “si può” farlo fino al 30 settembre, senza per questo incorrere in sanzioni. Una sorta di “sanatoria ex post”, come già qualche commentatore ha osservato. Un “condonino” annunciato.

E’ probabile che tutto si giochi su quanti rispetteranno la scadenza del 20 luglio (o quella del 20 agosto, con la maggiorazione dello 0,4%). Se non dovessero essere tanti, com’è verosimile che accada, forse potrebbe risultare interessante, per le esangui casse statali, sollecitare un intervento normativo per attrarre ulteriori versamenti a quel punto agevolati. Il tutto, quasi superfluo evidenziarlo, con buona pace della certezza del diritto e della trasparenza del rapporto fisco-contribuente.

Ma si può continuare a vivere ed a lavorare in un Paese come questo? Cosa potrà pensare, se questo alla fine succederà, chi avrà versato scrupolosamente nei termini? Come possono continuare a lavorare, in queste condizioni di perenne incertezza, le migliaia di commercialisti italiani che assistono quotidianamente i contribuenti nel nostro Paese?

Il rapporto tra fisco e contribuente è soprattutto una questione di fiducia. Ti chiedo di osservare le regole ma poi ti vengo incontro quando la situazione lo richiede o quando meriti. In altri termini, un fisco leggero (in quanto ragionevole per peso e adempimenti) con sanzioni però pesanti per chi si sottrae. E non un fisco, com’è oggi, sempre pesantissimo (sia come entità della tassazione che come difficoltà di adempimenti) ma poi con sanzioni assolutamente aleatorie e talvolta, ex post, anche eventuali.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

15/07/2020 Il Messaggero Veneto