Bancomat, un inutile polverone

È scattato lo scorso 30 giugno l'obbligo generalizzato, per imprese, commercianti e professionisti, di consentire ai rispettivi clienti di pagare i beni ed i servizi acquistati, per importi superiori a 30 euro, tramite moneta elettronica.
E così è balzato subito alla ribalta l'acronimo POS (Point of sale, punto di pagamento) che identifica appunto il terminale di pagamento telematico attraverso il quale questo tipo di transazioni dovrebbero, d'ora in avanti, essere consentite a tutti. E da qui è partito anche il florilegio delle espressioni ironiche sul tema ("Non ne Pos più", "Non Pos-so", "S-Pos-sati", fino ad arrivare a rispolverare addirittura il pontificio "Non Pos-sumus").
Due precisazioni essenziali sul tema che, già da sole, dovrebbero contribuire a spegnere una buona parte delle polemiche di questi giorni.
Dal lato dei clienti, si tratta di una facoltà e non di un obbligo. Posso, ma non devo, richiedere il pagamento tramite carta di credito o bancomat. Risparmiamoci dunque tutto il tormentone sull'anziano che non ha dimestichezza con gli strumenti elettronici. Se lo desidera, fino a 1.000 euro, lui e chiunque altro può continuare a pagare i suoi acquisti in contanti. Esattamente come prima.
Dal lato dei fornitori, il supposto "obbligo", in caso di inosservanza, non prevede in realtà alcuna sanzione. Tanto che, come i più fini giuristi hanno già osservato, dovrebbe essere piuttosto definito un "onere" (e non un "obbligo"). Detto in parole povere, chi non si adegua non avrà alcuna conseguenza. Salvo la cosiddetta "mora del creditore", cioè l'impossibilità di richiedere gli interessi se il ritardato pagamento sarà unicamente dovuto al non aver messo a disposizione del cliente lo strumento di pagamento da quest'ultimo richiesto e previsto dalla legge.
Tanto rumor per nulla quindi? In buona parte si. Perlomeno al momento.
Diverso sarebbe se le sanzioni, oggi appunto non previste, spuntassero fuori domani all'improvviso.
Allora è chiaro che il tema dei costi diverrebbe a quel punto assai rilevante in quanto, come è noto, dotarsi di un Pos non è affatto gratuito. E siccome la legge ha delle evidenti finalità di carattere generale (promuovere la diffusione di strumenti di pagamento elettronici, combattere l'evasione fiscale ed il riciclaggio di denaro di provenienza criminale) non si vede perché il costo di un servizio che va a beneficio di tutti debba essere sopportato solo da alcuni.
È quindi giusto pensare ad un meccanismo di "credito d'imposta" a favore del soggetto che verrà gravato di un adempimento che, a quel punto, sarà a tutti gli effetti un vero e proprio "obbligo", con tanto di sanzione in caso di inosservanza.
Oppure, se non si volesse introdurre una sanzione, per rendere effettive le finalità della legge, si dovrebbero almeno prevedere dei "meccanismi premiali" a favore di quei soggetti che, pur non avendone strettamente l'obbligo, avranno ritenuto ugualmente di dotarsi del terminale di pagamento.
Da quest'ultimo punto di vista, sposo l'idea assolutamente condivisibile espressa in questo senso dal parlamentare friulano Paolo Coppola che meriterebbe senz'altro maggiore attenzione. Anche su altri versanti. Penso, per esempio, a tutto il tema della normativa antiriciclaggio. Ho sempre ritenuto assai più efficace, anche in questo caso, una logica premiale anziché sanzionatoria. Volta a premiare chi fa delle segnalazioni andate poi a buon fine piuttosto che vessare di adempimenti inutili e sanzionare chi non le fa.
Ritornando al tema del Pos, è chiaro che la legge attuale non può certo restare così com'è. E non resterà, stiamone certi. Non avrebbe alcun senso. Lo stesso sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti l'ha definita una normativa "monca". Pertanto, piuttosto che continuare a criticare una norma chiaramente imperfetta e incompleta, concentriamoci invece su come questa dovrà essere cambiata.
Tutte le categorie interessate lavorino allora per indicare la direzione giusta per migliorarla e rendere effettive le commendevoli finalità che comunque ne stanno alla base. Lasciamo stare gli strilli e le barricate che poco si addicono alla realtà odierna per rinviarli - quella volta sì - a quando, malauguratamente, dovesse essere introdotto un obbligo senza i correlati benefici fiscali. Ovvero, se permanesse la volontà attuale di non sanzionare l'inadempimento e non fossero al contempo introdotte quelle misure premiali in grado di assicurare effettivamente l'auspicata diffusione dell'efficienza e della trasparenza degli scambi.
Speriamo di arrivarci prima che, grazie allo sviluppo della tecnologia, sia un semplice smartphone - e non una nuova legge - a mettere definitivamente la parola fine a tante polemiche, sovente inutili e ad alcuni alibi, talvolta ingiustificati.

21/07/2014 Messaggero Veneto